Autori
Evan Brown Ryan Primmer Louis Finney

Messaggi chiave

  •  Le numerose forze che mantengono alta l'inflazione in tutto il mondo aumentano i rischi che la crescita economica globale si riduca.
  • La persistenza di pressioni elevate sui prezzi è un fattore cruciale che differenzia questo ciclo economico da quello dei due decenni precedenti.
  • Valutiamo quattro potenziali scenari macro: paura della crescita, soft landing, stagflazione e boom inflazionistico.
  • Siamo aperti riguardo al regime in cui i mercati finiranno per assestarsi nei prossimi sei-dodici mesi, sarà una scelta al limite tra una paura della crescita culminante in una recessione e un soft landing.

Introduction

Le numerose forze che mantengono alta l'inflazione in tutto il mondo aumentano i rischi che la crescita economica globale si riduca. Il quadro macroeconomico è molto incerto perché gli investitori rivalutano costantemente l’entità e la velocità dei rialzi dei tassi con cui le banche centrali intendono frenare l'inflazione e l'attività economica, per capire se l’inasprimento sarà eccessivo e se saranno costrette a invertire la rotta. La persistenza di pressioni elevate sui prezzi è un fattore cruciale che differenzia questo ciclo economico da quello dei due decenni precedenti.

È probabile che gli operatori di mercato possano prevedere un'ampia gamma di risultati in base alle traiettorie di inflazione e crescita per il resto del 2022. Di seguito valutiamo quattro potenziali scenari macro: paura della crescita, soft landing, stagflazione e boom inflazionistico.

Il grafico mostra quattro potenziali scenari macroeconomici: paura per la crescita, soft landing, stagflazione e boom inflazionistico.

Siamo aperti riguardo al regime in cui i mercati finiranno per assestarsi nei prossimi sei-dodici mesi, sarà una scelta al limite tra una paura della crescita culminante in una recessione e un soft landing. Ma la sequenza è importante. Un atterraggio morbido è certamente possibile, ma il percorso per arrivarci potrebbe essere caratterizzato da una forte decelerazione dei dati che rende difficile, per gli operatori di mercato, distinguere tra un finale benevolo e una recessione. In altre parole, è più probabile che nei prossimi mesi il mercato inizi a scontare un rischio maggiore, anziché minore, di recessione, anche se alla fine si eviterà una recessione. La possibilità di un ulteriore shock inflazionistico (stagflazione) complica questo quadro e potrebbe inserirsi nel percorso verso la zona di atterraggio finale, sia esso “soft” o “hard”.

Per questo motivo, la nostra asset allocation tattica per il momento è più orientata verso trade che possano dare buoni risultati in caso di paura della crescita e/o stagflazione.

Riteniamo non interessanti le azioni globali e preferiamo il settore energetico su base relativa. La combinazione di rallentamento della crescita e inflazione elevata e vischiosa ci porta a essere neutrali sui titoli governativi globali. Riteniamo che le azioni cinesi rappresentino un'opportunità unica, soprattutto perché la politica di stimolo è incrementale, a differenza di altre grandi economie. Prevediamo che in futuro il nostro posizionamento sarà guidato in prevalenza dai dati sull'inflazione e dalle loro implicazioni per i responsabili politici.

Paura della crescita

L'attività globale sta già rallentando e le banche centrali segnalano la necessità di un'ulteriore decelerazione per ridurre l'inflazione in modo sostenibile. Negli ultimi mesi, l'aumento della velocità e dell'entità dell'inasprimento, annunciato dai responsabili della politica monetaria per imporre una crescita più lenta e un'inflazione più bassa, sta aumentando le probabilità che alla fine si verifichi una recessione economica. E agli occhi dei banchieri centrali una recessione potrebbe essere addirittura un risultato preferibile se l'alternativa è lasciare che le aspettative di inflazione sfuggano di mano. Per questo motivo, riteniamo che la paura della crescita sia il regime economico che gli operatori di mercato sconteranno con maggiore probabilità nella seconda metà del 2022.

Finora vi sono più segnali di rallentamento della crescita che non dell'inflazione, motivo per cui le banche centrali continuano a muoversi verso una politica restrittiva. Le vendite di case e i nuovi cantieri sono crollati, così come la disponibilità dei proprietari di case a togliere denaro alle loro abitazioni per alimentare i consumi. La spesa reale, sia negli Stati Uniti che in Europa, è stata piuttosto contenuta e non c'è motivo di aspettarsi un'accelerazione. Negli Stati Uniti la crescita aggregata del reddito da lavoro si è attenuata, riducendo la capacità delle famiglie di aumentare la spesa in futuro. L'accumulo di scorte al dettaglio (escluse le auto) implica un indebolimento delle prospettive per la produzione di beni. Con l'aumento dei rendimenti e degli spread e il rallentamento della domanda di beni, è più probabile che le imprese diano priorità alla riduzione del debito rispetto ai piani di espansione.

Stagflazione

I prezzi delle materie prime, e il desiderio delle banche centrali di proteggere le aspettative di inflazione dal rischio di un rialzo senza freni (grafico 1), sono la principale fonte di rischio di stagflazione per l'economia globale. I mercati energetici potrebbero trovarsi ad affrontare ulteriori vulnerabilità dal lato dell'offerta prima che la domanda si raffreddi sensibilmente. Dato che l'attività è in fase di moderazione, a nostro avviso l'eventuale passaggio a un contesto di stagflazione sarebbe un cambiamento relativamente temporaneo prima che i mercati scontino in modo aggressivo il rischio di una caduta della crescita e dell'inflazione attraverso una recessione.

Grafico 1: L’inflazione rimarrà elevata anche dopo il probabile picco

Il grafico mostra l'inflazione CPI degli Stati Uniti da giugno 2010 a giugno 2022.
Fonte: UBS AM, Federal Reserve Bank di Minneapolis al 15 giugno 2022

Questo grafico mostra la probabilità che l'inflazione CPI statunitense sia in media superiore al 3% nei prossimi cinque anni, al 15 giugno 2022.

Negli Stati Uniti, ciò dipende dal livello di esaurimento delle scorte di benzina e dalla riduzione della capacità delle raffinerie, fattori che minacciano di esacerbare la frustrazione delle famiglie di fronte ai prezzi del carburante. Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha ribadito che un aumento preoccupante delle aspettative di inflazione sta contribuendo al ritmo incalzante dei rialzi dei tassi. Queste aspettative sono fortemente influenzate dal prezzo della benzina, il cui rialzo potrebbe indurre la Federal Reserve ad aumentare il grado di inasprimento e, di conseguenza, i rischi di rallentamento della crescita.

In Europa, questo rischio è dovuto ai prezzi elevati del gas naturale e alla potenziale carenza nel caso in cui l'accesso alle forniture russe venga bruscamente limitato, poiché le importazioni da altri Paesi difficilmente riuscirebbero a colmare la differenza. Nel corso dell'anno potrebbe essere previsto un severo razionamento delle forniture per uso industriale in caso di carenza di gas naturale, mentre lo shock negativo dell'offerta peserà sui redditi reali e ridurrà i consumi discrezionali.

Soft landing

Come discusso in precedenza, riteniamo che il mercato sconterà un rischio maggiore di recessione prima del potenziale sollievo rappresentato da un soft landing. A prima vista, non sembra esserci uno scenario più probabile. Quando in passato è accaduto che l'inflazione superasse così ampiamente l'obiettivo, le misure restrittive adottate delle banche centrali per ridurre la pressione sui prezzi si sono tradotte, nell'80% dei casi, in una recessione. Fortunatamente, è quasi altrettanto improbabile che si verifichi una recessione quando i bilanci del settore privato partono da una posizione tanto solida1.

Le stesse forze che attualmente contribuiscono al rallentamento della crescita, nel tempo possono anche spingere al ribasso l'inflazione. Il riorientamento della spesa verso i servizi dovrebbe favorire una normalizzazione dei prezzi dei beni core, probabilmente in maniera rapida. L’eventuale risoluzione della guerra russa in Ucraina comporterebbe probabilmente anche un'inversione parziale, ma non completa, di alcuni degli shock negativi sul fronte dell'offerta che caratterizzano i mercati delle materie prime. L'intero apparato politico degli Stati Uniti – sia fiscale che monetario – sembra concentrato sulla riduzione dei prezzi della benzina: il primo potrebbe arrivare a una soluzione legislativa o geopolitica prima che il secondo incida a tal punto sull'economia da determinare una contrazione della domanda.

Naturalmente i responsabili della politica monetaria potrebbero anche essere flessibili e cambiare rotta nel caso in cui l'inflazione dovesse rallentare più del previsto. A nostro avviso, però, le banche centrali diventeranno accomodanti solo a fronte di un deterioramento nettamente più importante delle prospettive economiche e degli asset di rischio, non semplicemente in presenza di una benigna dinamica di "immacolata disinflazione".

Boom inflazionistico

Nel 2022 le economie dei mercati sviluppati si sono dimostrate sorprendentemente resilienti agli shock negativi sul fronte dell'offerta. Ma quanto più l'attività regge in presenza di un’inflazione alle stelle, tanto più le banche centrali saranno incoraggiate a contenere entrambi i fenomeni. A nostro avviso, il mantenimento di una sorta di boom inflazionistico è il risultato meno probabile in futuro data la persistenza di shock negativi sul fronte dell'offerta e vista la stretta delle condizioni finanziarie indotta dalle politiche. L'eccesso di risparmio negli Stati Uniti e i sussidi in Europa per proteggere i consumatori sono utili ma insufficienti per compensare queste perturbazioni.

La Cina si distingue invece come una regione pronta a far accelerare il tasso di crescita globale nei prossimi tre-sei mesi. Il miglioramento della situazione sanitaria dovrebbe consentire agli stimoli adottati da Pechino di sostenere più visibilmente l'attività economica, sebbene riteniamo che questo impulso positivo alla crescita sarà ampiamente compensato dal rallentamento in atto altrove. Nondimeno, il previsto miglioramento della performance macroeconomica della Cina rispetto al resto del mondo rappresenta, a nostro avviso, un'opportunità di investimento.

Implicazioni per l’asset allocation

Dal punto di vista del mercato, l'inflazione alle stelle è un problema senza valide soluzioni in un orizzonte di breve periodo. Le pressioni dell’inflazione complessiva scoraggeranno probabilmente le banche centrali dall’assumere un orientamento accomodante. Inoltre è probabile che i dati economici subiscano un netto peggioramento, aumentando i rischi per gli utili, prima che i responsabili della politica monetaria prendano in considerazione una svolta alla luce del deterioramento delle prospettive di crescita.

Le azioni globali si confermano poco interessanti in questo contesto macroeconomico. L'inflazione, e la reazione delle banche centrali per placarla, sono le ragioni principali per cui le azioni sono ancora costose su base cross-asset nonostante la flessione del 20%. Il premio al rischio azionario – ossia la differenza tra i rendimenti degli utili attesi per le azioni globali e i rendimenti obbligazionari – è prossimo al minimo dell'ultimo decennio, con le azioni che quindi risultano care rispetto al debito pubblico.

Inoltre, le aspettative sugli utili a 12 mesi continuano a essere riviste al rialzo, anche se in misura modesta, nonostante i crescenti rischi per l’espansione dell’attività. In passato, le stime degli analisti bottom-up sono sempre state sotto pressione prima del raggiungimento dei minimi da parte dei mercati azionari.

Le azioni cinesi, tuttavia, ci sembrano interessanti perché il Paese non è afflitto da molte delle problematiche che gravano su altre regioni. L'inflazione non è molto alta, quindi la banca centrale adotta una politica di allentamento piuttosto che di inasprimento. Anche con le politiche zero-Covid in vigore, riteniamo che in futuro le interruzioni dell'attività economica dovrebbero essere minori, e non maggiori, dopo i lockdown su vasta scala di quest'anno. A nostro avviso, il picco della stretta normativa sul settore tecnologico è ormai superato.

Nel breve termine assegniamo una probabilità non trascurabile a uno scenario di stagflazione, in cui l'impennata dei prezzi dell'energia dovrebbe indurre le banche centrali a intervenire per frenare le aspettative inflazionistiche. Questo spiega la nostra preferenza relativa per i titoli energetici, che a nostro avviso rimangono molto convenienti a dispetto dell’ottima sovraperformance realizzata da inizio anno. Il trade-off tra il rallentamento della crescita e l'aumento dell'inflazione ci induce per il momento a restare neutrali sui titoli governativi globali.

L’aspetto positivo della debolezza dei mercati finanziari da inizio anno è che le stime dei rendimenti forward a medio termine per gli investitori sono migliorate nettamente rispetto allo scorso anno, secondo le nostre aspettative sul mercato dei capitali (Grafico 2). Su base tattica, riteniamo che gli investitori pazienti potranno beneficiare di un punto di ingresso nell’azionario globale ancora più interessante, che potrà verificarsi se un rallentamento ciclico dell'inflazione consentirà alle banche centrali di muoversi in una direzione più accomodante, permettendo all'attività economica globale di risalire.

Grafico 2: I rendimenti previsti per i prossimi cinque anni sono in miglioramento

Il grafico mostra il miglioramento delle prospettive a medio termine.
Fonte: UBS AM, rendimenti geometrici previsti a cinque anni, in USD. Il nostro processo di base tiene conto delle valutazioni attuali, delle condizioni di mercato e dei principali input previsionali per generare i rendimenti a cinque anni attesi per asset e regione. Nota: stima liquidità a marzo 2020 effettuata ad aprile 2020.

Questo grafico mostra le aspettative di rendimento quinquennale del team Macro per le azioni globali, le obbligazioni investment grade globali, la liquidità (riflessa dai T-Bill statunitensi) e un portafoglio globale composto per il 60% da azioni e per il 40% da reddito fisso a marzo 2020, giugno 2021 e aprile 2022. Ciò dimostra che le nostre prospettive per i rendimenti a termine a medio termine sono migliorate considerevolmente rispetto a un anno fa.

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