Nel corso di questo trimestre, ci siamo focalizzati soprattutto sulle opportunità offerte dalla transizione globale verso la riduzione delle emissioni di carbonio e sulle conseguenze della disintermediazione bancaria. Di seguito abbiamo illustrato una panoramica completa.

Cos’è il Forum trimestrale sugli investimenti?

Abbiamo definito Forum trimestrale sugli investimenti (Quarterly Investment Forum o QIF) una discussione in atto tra i diversi team d’investimento e un dibatto riguardo ai rischi attivi più rilevanti nei principali mercati e tra i fondi e le asset class.

Ogni QIF è un mix di prospettive “top down” e “bottom up” che inizia con una discussione “top down” sui principali temi macro-economici individuati dall’Asset Allocation Team. Ogni trimestre, dei gestori di portafoglio a rotazione presentano una view “bottom up” dei principali rischi attivi dei loro portafogli.

In termini di competenze sugli investimenti, vantiamo una profondità e un’ampiezza uniche in tutte le asset class tradizionali e alternative di tutto il mondo. Il QIF sfrutta tali competenze promuovendo una comunicazione regolare e strutturata tra i diversi team d’investimento. L’obiettivo ultimo è quello di migliorare i risultati a vantaggio dei clienti.

4° trimestre 2021 – I punti di maggior rilievo del Forum trimestrale sugli investimenti

Outlook macro-economico

Evan Brown, Head of Multi-Asset Strategy Investment Solutions

Riteniamo che questo ciclo sia diverso rispetto alla ripresa dalla Crisi finanziaria globale - e che sia migliore. Durante quest’espansione, la crescita sarà probabilmente più vigorosa rispetto alla precedente, grazie al maggiore supporto offerto dalla politica fiscale, ad un aumento più sostenuto del reddito da lavoro e a spese in conto capitale più cospicue.

Riteniamo che il mercato non stia prezzando questo contesto positivo. Di conseguenza, l’opportunità di rischio-rendimento è migliore negli asset, nelle regioni e nei settori posizionati per beneficiare di tali sviluppi favorevoli alla crescita. I rendimenti obbligazionari sono troppo bassi rispetto al quadro dei fondamentali economici e, a nostro avviso, i titoli ciclici dovrebbero salire di più rispetto ai difensivi. Anche se cicli d’irrigidimento delle politiche più rapidi da parte della Federal Reserve potranno introdurre sui mercati una volatilità di breve periodo, prevediamo che i titoli azionari si muoveranno al rialzo, sostenuti da una buona crescita degli utili.

La persistente minaccia del diffondersi di focolai di Covid-19, così come l’insorgere di varianti del virus che potrebbero minare in modo significativo l’efficacia dei vaccini, rappresentano ancora il rischio chiave per l’outlook. Anche il possibile forte rallentamento dell’attività in Cina, sebbene non sia il nostro scenario di base, metterebbe a repentaglio questo contesto ottimistico in termini di crescita.

Un’inflazione persistentemente elevata, che minaccia di provocare il rialzo delle previsioni d’inflazione nel più lungo periodo, genererebbe probabilmente un ritiro più aggressivo degli stimoli monetari e ciò potrebbe ostacolare l’attività e la performance degli asset di rischio.

Opportunità e rischi lungo la strada verso il “Net Zero”

Tom Kasa, Head of Sustainability, Environmental Focus Fund

Crediamo che si presentino opportunità di mercato generazionali associate ai trilioni di dollari d’investimenti necessari alla transizione, mentre ci muoviamo verso l’obiettivo di un sistema energetico decarbonizzato, sia nel breve che nel lungo periodo. A nostro avviso, completare questa trasformazione è un imperativo di lungo termine ma si tratterà di un processo soggetto a vincoli sociali (tolleranza a prezzi più alti/minor consumo di energia) e alle decisioni dei governi che intendono evitare qualsiasi destabilizzazione economica o politica. Non riuscire a soddisfare le diverse parti sociali coinvolte potrebbe provocare una battuta d’arresto della transizione (ad esempio, facendo salire il consumo di carbone a causa di alternative insufficienti e di un’elevata domanda di energia).

Sono svariate le aree di miglioramento in grado di accelerare questo processo. Dati più completi sulle emissioni a livello di prodotto possono fare un’enorme differenza nel comportamento dei consumatori, permettendo a questi ultimi d’incorporare in misura più adeguata le considerazioni sul criterio della sostenibilità al momento dell’acquisto. Inoltre, gli investitori potrebbero individuare meglio le opportunità di lungo e di breve periodo e le autorità politiche potrebbero applicare normative più mirate riguardo ai prodotti che danneggiano l’ambiente. Anche l’inasprimento delle tasse sul carbonio potrebbe contribuire ad accelerare il processo di transizione. Attualmente le tasse sull’emissione di CO2 coprono infatti una parte insufficiente dell’economia o hanno un prezzo decisamente inferiore rispetto a qualsiasi stima ragionevole del costo sociale del carbonio. Anche l’integrazione delle energie rinnovabili nella rete elettrica esistente (al momento negli Stati Uniti il problema non è tanto tecnologico ma presenta piuttosto alcuni ostacoli dal punto di vista delle autorizzazioni legali) può essere vantaggiosa.

Ellis Eckland, Senior Investment Analyst

Secondo lo scenario raffigurato dall’Agenzia internazionale dell’energia, per il raggiungimento delle emissioni nette zero, la produzione totale di energia dovrebbe diminuire del 7% nei prossimi 10 anni e l’energia netta consumata per persona scenderebbe ancora di più con l’aumento demografico. Poiché è improbabile che il consumo di energia pro capite cali in India, in Africa o nel Sud-est asiatico, ciò implica che le aree ad alto consumo di energia come gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il Giappone dovranno ridurre i consumi pro capite del 30-40% nei prossimi dieci anni. Si tratterebbe di uno sviluppo assolutamente diverso rispetto a qualunque altra evoluzione sperimentata negli ultimi 200 anni e potrebbe generare malcontento e perfino disordini sociali.

La moderna produzione alimentare dipende in gran parte dagli input dell’energia ed è quindi probabile che il costo dei generi alimentari salga. È altrettanto probabile che anche i componenti ad alta intensità energetica necessari a costruire capacità per le energie rinnovabili diventino più costosi e, quindi, anche le stime delle spese in conto capitale di cui la transizione energetica necessita sono probabilmente troppo basse.

Guardando al lato positivo, la “E” che identifica i fattori ambientali nella sigla ESG dovrebbe veramente beneficiarne. È probabile che le imprese più efficienti dal punto di vista energetico sovraperformino nell’ambito dei rispettivi settori. Le aziende che attualmente operano nel settore dei combustibili fossili probabilmente manterranno il loro valore durante la fase di transizione. Il mondo ha infatti bisogno di combustibili fossili per costruire le energie rinnovabili. Anche a transizione conclusa, dopo il 2050, alcune di queste fonti energetiche saranno ancora in uso, per quanto solo al 20-25% rispetto alle dimensioni attuali. Tuttavia, nel tempo, è probabile che queste aziende si convertano all’idrogeno. Hanno infatti le competenze necessarie per lavorare con questo elemento, lo stanno già utilizzando in alcuni casi e dispongono delle condotte e delle infrastrutture necessarie per trasportarlo.

Francis Condon, Head of Thematic Engagement & Collaboration

Tra i metalli, crediamo che la strada verso le zero emissioni nette sia più vantaggiosa per il rame. L’elettrificazione è la chiave, quando si tratta di limitare l’aumento delle temperature al di sotto degli 1,5 gradi Celsius. Il rame offre un enorme contributo allo spostamento degli elettroni ed è la pietra angolare delle tecnologie associate alla generazione, alla trasmissione dell’elettricità e alla produzione degli elettrodomestici finali. Negli scenari “Net Zero” come quelli delineati dall’Agenzia internazionale per l’energia1, l’uso del rame raddoppierà da qui al 2050 e l’offerta non è pronta a soddisfare il previsto aumento della domanda nel corso di questo decennio. L’approvvigionamento di rame è anche vulnerabile rispetto allo stress climatico, poiché la sua produzione compete con altri utenti in termini di necessità idriche e le miniere sono soggette a calore estremo e a inondazioni.

Per altri metalli, questa trasformazione si dimostrerà probabilmente meno positiva. L’acciaio sarà necessario per le infrastrutture ma presenta minori margini di crescita in termini di domanda e richiede l’investimento di capitali notevoli per ridurre le emissioni generate dal processo produttivo. È probabile che anche l’impiego dell’alluminio subisca un incremento, ma solo a fronte di una significativa espansione del modo in cui ricicliamo.

In alcuni mercati minori di materiali coinvolti nella produzione di batterie (litio, grafite, nichel, cobalto) la crescita della domanda è potenzialmente enorme. Tuttavia, molti di questi materiali sono fortemente sensibili agli sviluppi tecnologici nella costruzione delle batterie e ciò può penalizzarne la domanda.

Disintermediazione secolare delle banche

Baxter Wasson, Co-Head of Private Credit, O’Connor

In genere, le opportunità nella disintermediazione bancaria sono legate a quadri normativi mutevoli che rendono più difficile per gli istituti bancari impegnarsi in determinati tipi di attività di prestito. La regolamentazione, non l’innovazione organica, costituisce il fattore chiave. A differenza della rivoluzione tecnologica, la disintermediazione coinvolge quasi sempre ex banchieri e talvolta interi dipartimenti all’interno degli istituti di credito, che guidano tale processo.

Una delle più grandi ondate di disintermediazione bancaria verificatasi di recente è rappresentata dall’ascesa del mercato del credito privato, in cui i fondi concedono finanziamenti alle imprese per un valore compreso tra 50 milioni di dollari e 1 miliardo di dollari e si impegnano in una vasta gamma di prestiti al consumo, lavorando fianco a fianco con le società del fintech. Una simile crescita è stata alimentata dalla regolamentazione successiva alla crisi che ha reso più difficile per le banche impegnarsi in questo contesto e ciò ha rappresentato un enorme vantaggio per i gestori patrimoniali.

Riteniamo che UBS Asset Management sia ben posizionata per beneficiare dei finanziamenti privati, in parte grazie al suo forte legame con una banca dotata d’importanti capacità d’investment banking. Una quota sostanziale delle transazioni ci viene affidata da altre aree di UBS.

Figura 1: i vincoli normativi e di costo creano opportunità

Basilea III ha costretto le banche a migliorare i coefficienti patrimoniali riducendo la capacità di capitale circolante operativo. Più capitale significa aumento dei prezzi/disponibilità più scarsa.

I vincoli normativi e di costo creano opportunità

Requisiti patrimoniali di Basilea I/II

Requisiti patrimoniali di Basilea I/II

Requisiti patrimoniali di Basilea III

Requisiti patrimoniali di Basilea III

Requisiti patrimoniali di Basilea I/II

Capitale di Tier 1= 4%
+ Capitale primario (2%)
+ Utili non distribuiti
+ Titoli di capitale
Meno: avviamento

Requisiti patrimoniali di Basilea III

Capitale di Tier 1= 8,5%
+ Capitale primario (4,5%)
+ Cuscinetto finanziario di capitale primario (2,5%)
Meno: alcuni investimenti considerevoli, servizi ipotecari, imposte differite
+ Utili non distribuiti
+ Titoli di capitale
Meno: azioni privilegiate
Meno: avviamento

Requisiti patrimoniali di Basilea I/II

-

Requisiti patrimoniali di Basilea III

Cuscinetto anticiclico= 0–2,5%

Requisiti patrimoniali di Basilea I/II

Capitale di Tier 2
+ Accantonamenti generali
+ Riserve di rivalutazione
+ Strumenti di capitale ibridi
+ Debito a termine subordinato
+ Riserve non divulgate
Meno: alcuni investimenti

Requisiti patrimoniali di Basilea III

Capitale di Tier 2
+ Accantonamenti generali
+ Riserve di rivalutazione
+ Strumenti di capitale ibridi
+ Debito a termine subordinato
+ Riserve non divulgate
Meno: alcuni investimenti

Requisiti patrimoniali di Basilea I/II

Capitale totale = 8%

Requisiti patrimoniali di Basilea III

Capitale totale = 10,5%

Figura 2: per le aziende pubbliche globali il costo dei beni venduti, circa 25 trilioni di dollari all’anno, fornisce un ampio mercato totale disponibile

Fonte: McKinsey a marzo 2019.

Il grafico illustra la percentuale di debito con rating da A a AAA, da BBB a A-, da BB a BBB-, da BB- e inferiore, e senza rating tra i nove maggiori settori di business.

Casey Talbot, Head of Fixed Income, O’Connor

Il finanziamento della catena dell’offerta comporta il finanziamento di debiti e crediti da parte di grandi società e la sottoscrizione in conformità a tale rischio. L’opportunità è creata da un aumento del costo del capitale per le banche, in concomitanza a un sistema di approvazione bizantino che impedisce loro di rispondere rapidamente.

Durante la crisi provocata dal Covid-19 è apparsa in maniera evidente l’importanza di potersi avvalere di più fonti di finanziamento diversificate. Tutte le banche che offrono linee di credito in genere si comportano in modo approssimativamente correlato. Man mano che le aziende attingono al credito, le banche riducono i finanziamenti in altre aree, tra cui i finanziamenti alla catena dell’offerta. I gestori patrimoniali si comportano in modo diverso, consentendo ad alcuni dei loro fondi di riempire il vuoto.

Patrick Huber, Head of Product Strategy & Shelf Evolution

La blockchain fornisce i mezzi per semplificare e ridurre la litania delle controparti coinvolte nelle transazioni finanziarie. Gli smart contracts, che non rappresentano solo un asset ma possono anche svolgere compiti come il ribilanciamento, dispongono anche del potenziale per disintermediare parti del sistema finanziario tradizionale.

I pagamenti monetari transfrontalieri in criptovaluta sono veloci, convenienti e possono essere eseguiti a un costo ragionevolmente paragonabile a quello delle banche. La creazione di asset può consentire di aggirare broker, scambi e camere di compensazione, offrendo anche una grande trasparenza se i partecipanti vengono adeguatamente identificati dall’inizio.

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