Esperti e opinionisti continueranno ad analizzare il testo finale dell'accordo per le settimane e i mesi a venire, e ognuno si farà un'idea sulla possibilità di considerare la COP28 un successo, un fallimento o una via di mezzo. Per la prima volta, nell'accordo finale si parla di transizione verso l’abbandono dei combustibili fossili. È un risultato da celebrare. Ma chi sperava di ottenere di più sta già lamentando una "litania di scappatoie" e punti deboli nel testo finale.

 Per la prima volta, nell'accordo finale si parla di transizione verso l’abbandono dei combustibili fossili. È un risultato da celebrare.

Alle riunioni della Conferenza delle Parti si respira sempre una sana tensione, in un delicato equilibrio tra le feroci critiche a ritardatari ed emettitori storici e la collaborazione con attori e settori chiave per favorire la transizione verso un'economia globale a più basse emissioni di carbonio.

Se chiedete alle ONG e ai sostenitori della giustizia climatica come dovremmo affrontare collettivamente il cambiamento climatico, la loro risposta seguirà la linea dura. In effetti, il segretario generale dell'ONU António Guterres ha ribadito: "Il limite di 1,5°C è possibile solo se alla fine smetteremo di bruciare tutti i combustibili fossili. Non ridurre, non diminuire. Eliminazione graduale.” Una simile urgenza è comprensibile data l'entità della sfida che ci attende. Se invece chiedete ai politici e ai leader aziendali, otterrete una risposta più sfumata. Dobbiamo trovare un equilibrio tra pragmatismo e idealismo, pur rimanendo giustamente ambiziosi.

 Il limite di 1,5°C è possibile solo se alla fine smetteremo di bruciare tutti i combustibili fossili. Non ridurre, non diminuire. Eliminazione graduale.

In un certo senso, la ventottesima edizione della Conferenza delle Parti (COP28) non ha fatto eccezione: le tensioni e la posta in gioco sono più alte che mai. Ma sotto altri aspetti il cambiamento di approccio è apparso evidente. Durante la sessione plenaria del primo giorno è stato raggiunto un accordo storico (e a lungo atteso) sul finanziamento di "perdite e danni" (ossia le somme corrisposte dalle nazioni più ricche, con emissioni storiche più elevate, alle nazioni più povere che devono far fronte alle conseguenze finanziarie e sociali dell'aumento delle inondazioni, delle ondate di calore e di altri effetti legati al clima).

Il fondo avrà sede presso la Banca Mondiale per un periodo iniziale di quattro anni, al termine del quale sarà rivalutata la sua collocazione. Le promesse iniziali dei Paesi sviluppati, pari a poco più di 700 milioni di dollari, sembrano scalfire appena la superficie delle perdite potenziali, che secondo alcune stime sarebbero equivalenti a meno dello 0,2% delle perdite che i Paesi in via di sviluppo subiscono ogni anno a causa dei cambiamenti climatici.1 Il diavolo sarà nei dettagli, e nel momento in cui il denaro passerà effettivamente di mano, ma si tratta comunque di un importante passo avanti.

Nel bene e nel male, le grandi imprese si sono presentate in forze e spesso i progressi vanno ben oltre il clamore e i titoli dei giornali. Ecco quattro segnali incoraggianti che ho notato durante la mia visita alla più grande e importante convention sul clima del mondo.

Meraviglioso sud: Il Sud del mondo ha assunto un ruolo guida nell'accelerazione della decarbonizzazione globale. L'attenzione si è concentrata sulla cooperazione Sud-Sud, con chiari segnali di partnership e condivisione delle migliori pratiche tra le potenze mediorientali ben capitalizzate e Paesi come il Brasile che offrono un elevato potenziale di decarbonizzazione.

Innovazione climatica: Anche il settore delle imprese è emerso come attore principale nella riduzione delle emissioni. Mentre le precedenti COP erano suddivise in una "zona blu" ufficiale e in una "zona verde" dedicata alla società civile, questa edizione è stata integrata da una "zona dell'innovazione" guidata dalle imprese. Le esposizioni della zona dell'innovazione spaziavano dalle reti di idrogeno ai sistemi di cattura del metano, fino alle tecnologie rinnovabili e ai sistemi satellitari per tracciare le tecnologie a carbonio negativo. Un fornitore ha persino affermato di essere in grado di osservare la crescita di ogni albero sulla Terra per verificare se le compensazioni basate sulla natura sono davvero efficaci! Questa zona dell’innovazione ha evidenziato il ruolo del settore delle imprese nel mantenere gli impegni presi dai governi e dalla società civile.

Fuori dall'ombra: La COP28 ha segnato la prima partecipazione su larga scala e i primi impegni di decarbonizzazione da parte delle maggiori compagnie petrolifere nazionali (NOC) dei Paesi in via di sviluppo. Queste società, che insieme sono molto più grandi delle major petrolifere occidentali, sono responsabili di una quota significativa delle emissioni a monte dell’ambito 3 a livello mondiale, oltre che di significative emissioni dirette degli ambiti 1 e 2.

In qualità di amministratore delegato di un'importante compagnia petrolifera nazionale, il presidente della COP28 Sultan Al Jaber è riuscito a convincere i suoi colleghi leader delle NOC a impegnarsi per una rapida riduzione delle emissioni e per l’obiettivo di azzeramento nel 2050. Il risultato è stato l'impegno per il net-zero di cinquanta tra le più grandi compagnie petrolifere nazionali e internazionali, tra cui Saudi Aramco e ADNOC, la compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti, oltre alle major occidentali come Exxon, Shell e Total Energies. Storicamente, le compagnie petrolifere nazionali sono state tra i peggiori emettitori dell'industria energetica e sono state viste come chiare ritardatarie del clima, pertanto il risultato raggiunto è indubbiamente importante.

Cambio di rotta: Sono stati evidenziati notevoli progressi nella decarbonizzazione del settore marittimo, con una serie di annunci di fondamentale importanza relativi all'accelerazione della produzione di carburante a idrogeno e allo sviluppo di corridoi marittimi verdi sia nell'Atlantico che nel Pacifico. Gli eventi sono stati guidati dall'International Maritime Association, dal Mærsk Mc-Kinney Møller Center for Zero Carbon Shipping e da importanti società con annunci di nuove navi e contratti di rifornimento a basse emissioni di carbonio e l'accelerazione dello sviluppo di corridoi di navigazione verdi tra Corea, Stati Uniti e Canada, dal Regno Unito alla Norvegia e ai Paesi Bassi e dal Cile all'Estremo Oriente.

 Anche se questo accordo non è un documento vincolante e sarà criticato per ciò che il testo non contiene, l’intesa raggiunta invia un segnale ai mercati, all'industria e agli investitori sul proseguimento della traiettoria di transizione dell'economia mondiale verso lo zero netto. Non si può più tornare indietro.

Potrebbe interessarti anche