Barry Gill, Head of Investments, UBS Asset Management

Moderatore:

  • Barry Gill, Head of Investments, UBS Asset Management

Panelists:

  • Geoffrey Wong, Head of Emerging Markets and Asia Pacific Equities, UBS Asset Management
  • Adolfo Oliete, Head of Asia-Pacific Investments, Hedge Fund Solutions, UBS Asset Management
  • Brian Lou, Portfolio Manager, Fixed Income, UBS Asset Management

Messaggi chiave:

  • gli investitori globali rimangono sottoinvestiti in Cina, nonostante la sovraperformance del Paese negli anni;
  • gli investitori possono tuttavia trovare un’intera gamma di opportunità sui mercati onshore cinesi;
  • le riforme hanno migliorato l’accesso e la Cina appare interessante in una prospettiva di rendimento e diversificazione;
  • i mercati inefficienti della Cina creano un’opportunità unica per gli investitori attivi;
  • una strategia di portafoglio focalizzata sulla Cina, altamente concentrata e indipendente dai benchmark (detta CHIPS, acronimo di China-focused, Highly Concentrated, Index Agnostic, Portfolio strategy) può offrire il migliore approccio per cogliere le opportunità di alpha presenti sui mercati onshore.

Barry Gill ha aperto il dibattito osservando che quando fu coniato l’acronimo BRICS, nel 2001, nessuno avrebbe potuto prevedere l’impatto della Cina sulla crescita mondiale, né la sua sovraperformance rispetto agli altri Paesi BRICS.

Considerata la performance della Cina, il suggerimento è di investire in questo Paese attraverso una strategia dedicata, ovvero un approccio CHIPS, anziché nell’ambito di una strategia sui mercati emergenti.

Gli investitori di tutto il mondo rimangono comunque sottoinvestiti in Cina, malgrado il Paese offra rendimenti superiori sul debito sovrano e societario, valutazioni azionarie interessanti e basse correlazioni rispetto ai benchmark obbligazionari e azionari globali.

Per analizzare le ragioni che spingono gli investitori globali a rimanere sottoinvestiti in Cina e individuare le opportunità che potrebbero perdere per questo motivo, Barry ha condotto un’approfondita sessione di Q&A con gli esperti di UBS AM nelle diverse asset class.

1. Pur in presenza di interessanti rendimenti corretti per il rischio, gli investitori globali hanno un’esposizione esigua verso i mercati del reddito fisso cinesi. Che cosa spinge gli investitori internazionali a rimanere ai margini?

A rispondere per primo è stato Brian Lou, che ha ricordato come le restrizioni d’accesso ai mercati onshore non rappresentino più un impedimento per gli investitori globali. Le recenti riforme quali Bond Connect, CIBM Direct e QFII hanno aperto le porte dei mercati onshore, ma solo alcuni istituti internazionali – tra i quali UBS AM – dispongono delle infrastrutture per operare sui mercati onshore della Cina.

Parlando in termini più ampi, Brian ha affermato che gli standard dei rating creditizi onshore e la bassa liquidità sui mercati obbligazionari onshore hanno rappresentato fattori limitanti, ma la Cina sta di fatto portando i competitor internazionali all’interno dei sistemi di rating onshore e continua ad attuare riforme per rispondere ai timori degli investitori.

In prospettiva, Brian si aspetta che le riforme dei rating onshore, i rendimenti negativi sui mercati del reddito fisso a livello mondiale e l’inclusione delle obbligazioni cinesi negli indici globali spingeranno gli investitori internazionali ad aumentare l’allocazione alla Cina nei prossimi anni.

2. I programmi Bond e Stock Connect sono vantaggiosi per gli investitori internazionali?

Il programma Bond Connect, ha risposto Brian, sta aiutando gli investitori internazionali a entrare nel mercato onshore cinese e rispetto ai precedenti programmi QFII consente di ridurre i tempi necessari per organizzarsi e avviare le operazioni.

Secondo Geoffrey Wong, lo Stock Connect ha fatto davvero la differenza per gli investitori internazionali, perché grazie a questo programma è diventato più facile comprare e vendere sulle borse cinesi onshore.

Inoltre, i processi di set-up sono stati semplificati, quindi la creazione di un account di trading tramite Stock Connect richiede lo stesso tempo necessario per un normale conto di intermediazione. E infine Stock Connect ha ridotto i costi di negoziazione.

Adolfo Oliete ha aggiunto che Stock Connect rappresenta inoltre un utile strumento per gli investitori in hedge fund con sede all’estero, in quanto consente di assumere posizioni corte sulle A-share, creando quindi opportunità per generare alpha.

3. Quali cambiamenti nella Cina di oggi e nelle opportunità offerte agli investitori azionari possono giustificare un’allocazione dedicata?

Geoffrey ha spiegato che la Cina merita un’esposizione dedicata in quanto rappresenta una realtà unica sotto diversi aspetti.

Anzitutto, le dimensioni della Cina non sono equiparabili a quelle di altri Paesi. Se consideriamo per esempio due società identiche in termini di qualità e competenze, quella con sede in Cina avrà un percorso di crescita molto più lungo grazie alle dimensioni del mercato approcciabile.

Secondo, la Cina sta sperimentando una serie di cambiamenti strutturali, tra i quali l’urbanizzazione, l’invecchiamento della popolazione e il passaggio da un’economia basata sugli investimenti a un sistema orientato ai consumatori, che creano uno scenario di vincitori e perdenti.

Terzo, Geoffrey ha avuto modo di osservare una mentalità unica durante i suoi viaggi di ricerca in Cina “indipendentemente dalle dimensioni, che siano grandi o piccole, tutte le società puntano a essere le migliori al mondo - e questa determinazione non è così evidente in altri mercati emergenti.

L’ultima volta l’avevo vista nelle prime economie delle tigri asiatiche, quali Giappone, Singapore e Taiwan, e quel tipo di mentalità ha prodotto leader mondiali come Sony e Samsung”.

Infine, Geoffrey ha affermato che un gestore ME deve avere un limite di rischio sull’esposizione verso la Cina, ma un investitore finale convinto della visione strategica relativa ai rendimenti superiori disponibili in Cina può trovare in un’allocazione separata la ponderazione necessaria per soddisfare i propri obiettivi di rendimento.

4. Il livello di rendimento attivo che è possibile generare in Cina è davvero notevole. Come mai? E fino a quando rimarremo in questo scenario?

Secondo Geoffrey, i mercati onshore sono inefficienti e il periodo medio di detenzione dei titoli azionari cinesi è di circa due giorni, inoltre più dell’80% del turnover è determinato dagli investitori retail.

Questo significa che in molte giornate di negoziazione sono gli investitori retail a stabilire il prezzo dei titoli scambiati sui mercati e questo crea inefficienze che possono essere sfruttate dagli investitori attivi orientati ai fondamentali.

Geoffrey ha spiegato che i fondi comuni di investimento stanno aumentando la loro presenza sui mercati onshore, ma probabilmente i mercati azionari cinesi continueranno a dipendere dagli investitori retail almeno per i prossimi cinque anni. Gli investitori professionali attivi hanno quindi l’opportunità di sfruttare le inefficienze dei mercati cinesi.

Riferendosi alla prospettiva degli hedge fund, Adolfo Oliete ha aggiunto che i mercati azionari onshore cinesi sono un quarto di quelli statunitensi in termini di dimensioni, ma hanno volumi di scambio simili in termini di dollari. Inoltre, il turnover dipende per la maggior parte da investitori con investimenti inferiori a 10.000 dollari, i quali creano una volatilità che può essere sfruttata dagli hedge fund.

5. In seguito alla Grande crisi finanziaria, sui mercati sviluppati si è osservato un evidente movimento verso il mercato privato, ovvero gli investimenti alternativi. È un fenomeno presente anche in Cina? Se gli investitori internazionali vogliono allocare il capitale in strumenti simili, in Cina esistono i veicoli per farlo?

Adolfo Oliete ha risposto che in Cina l’interesse per gli hedge fund è notevolmente aumentato, soprattutto sul fronte azionario, e l’area APAC costituisce una quota significativa dei portafogli del suo team, dove la Cina rappresenta una parte notevole, se non maggioritaria.

Adolfo ha inoltre rivelato che nei portafogli del suo team l’esposizione azionaria long-short verso Asia-Pacifico supera quella verso gli Stati Uniti, in quanto egli ritiene che siano soprattutto i mercati dell’area APAC a generare alpha, in particolare in Cina.

6. Quali importanti progressi saranno necessari sul fronte normativo per
consentire la crescita delle strategie simili agli hedge fund?

Secondo Adolfo sono necessari più strumenti di copertura: vorrebbe vedere maggiori possibilità di shorting su entrambi i fronti, azionario e obbligazionario, con un aumento dell’inventario locale e della disponibilità di opzioni. In termini più generali, Adolfo ha citato l’accesso ai mercati delle materie prime da offshore, concludendo con l’affermare che i cambiamenti normativi stanno decisamente andando nella giusta direzione, ma c’è ancora molto da fare.

7. Nel selezionare i gestori attivi di hedge fund sui mercati cinesi, a quale mix puntate tra gestori globali in Cina e gestori locali?

“Il nostro orientamento – ha risposto Adolfo – è sicuramente verso la realtà locale, perché è da lì che proviene il valore aggiunto: i gestori locali, rispetto agli altri, si trovano più spesso davanti alla curva quando si tratta di generare alpha in Cina”.

8. In termini più generali, i livelli di indebitamento della Cina sono elevati rispetto ai livelli storici e anche in confronto con altri Paesi a livello mondiale. Gli investitori devono quindi temere che questo possa far deragliare le prospettive di crescita a lungo termine della Cina?

Brian ha aggiunto che i livelli del debito cinese non lo preoccupano eccessivamente perché l’economia continua a crescere, inoltre la Cina sta adottando misure definitive per affrontare l’accumulo di debito, ricorrendo a politiche di deleveraging per limitare qualsiasi rischio sistemico.

In conclusione, Geoffrey dubita che la Cina possa sperimentare una crisi del debito.

Primo, perché oltre il 60% del debito cinese riguarda le imprese statali e i governi locali, ed è quindi fornito da banche statali e concentrato a livello governativo.

Secondo, il debito è interamente finanziato localmente anziché tramite investitori stranieri, una situazione nettamente diversa rispetto alla crisi latino-americana degli anni '80 o alla crisi asiatica degli anni '90.

Infine, Geoffrey ha ricordato che la Cina ha tuttora grandi potenzialità di crescita. Diversamente dal Giappone nel 1990, per la Cina si prevede ancora un notevole aumento della produttività.

Geoff ha citato i dati sull’istruzione, affermando che in media il 14-15% della popolazione nei Paesi OCSE ha una laurea universitaria, mentre in Cina questo livello di istruzione riguarda circa il 24-25% della popolazione di età inferiore a 25 anni.

Per Geoffrey, questo significa che in Cina, nei prossimi anni, la nuova forza lavoro sarà molto più istruita rispetto alle generazioni precedenti o alla forza lavoro esistente, e questo fattore potrebbe sostenere la produttività in futuro.

Secondo Adolfo è un aspetto da tenere ben presente, ma gli elevati livelli di debito non sono necessariamente un fattore negativo per le strategie basate sugli hedge fund in quanto creano volatilità e opportunità di trading. Un rischio maggiore sarebbe rappresentato da un eventuale passo indietro nell’apertura dei mercati finanziari onshore agli investitori globali.

9. Come si integra l’analisi ESG nelle vostre strategie sulla Cina?

Secondo Geoffrey, i database ESG non sono una fonte di approfondimento particolarmente affidabile e “ciò che serve davvero è fare ricerche sul campo, visitare i magazzini, bersi un caffè con i manager locali per valutare la reputazione delle società che si stanno analizzando”.

Barry ha riassunto i diversi spunti emersi dal panel che sottolineano l’importanza di un approccio CHIPS, in quanto gli investitori possono trovare un’intera gamma di opportunità sui mercati onshore cinesi, inoltre la Cina risulta interessante in una prospettiva di rendimento e diversificazione e i mercati efficienti creano opportunità uniche per gli investitori attivi.

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