Teresa Gioffreda
Investment Strategist, UBS Asset Management
  • Innocenzo Cipolletta, Presidente AIFI, sostiene che la globalizzazione, simbolicamente sia iniziata dopo la II Guerra Mondiale e abbia avuto due momenti di accelerazione: il primo durante la crisi petrolifera degli anni ’70, che ha favorito i Paesi produttori di materie prime; e il secondo con la caduta del muro di Berlino (1989) e l’accesso della Cina al WTO nel 2001, evento che ha fatto sì che molte economie emergenti divenissero importanti produttori di manufatti.
  • Tuttavia, con la Crisi Finanziaria del 2008, il processo di globalizzazione ha iniziato a rallentare, soprattutto a causa della caduta dei redditi, che ha indotto i Paesi a «difendersi» chiudendo o restringendo il commercio con l’esterno. Ciò ha determinato altri eventi, che in alcuni casi si sono tradotti con l’interruzione o una riduzione dei rapporti commerciali con alcuni Paesi.
  • Anche la Brexit ha determinato un ulteriore rallentamento nella globalizzazione, impattata poi dal COVID e dalla guerra in Ucraina, due fattori determinanti di quella che in gergo si chiama «frantumazione dei mercati»: i mercati hanno iniziato a rompersi e incepparsi, con la conseguenza (ma anche causa) di definizione di politiche atte a rendere più difficili gli scambi commerciali con alcuni Paesi.
  • Finora la globalizzazione ha rappresentato un processo per efficientare la produzione economica, in cui ogni Paese cercava di massimizzare a proprio favore questa efficienza. Con la pandemia e le tensioni geopolitiche, la ricerca di efficienza è stata sostituita con la ricerca di sicurezza: si ricercano partner commerciali che ci danno maggior sicurezza (perché non sono in guerra, perché non hanno scarsità di materia prima, etc.) sul poterci consegnare un determinato bene, e anche la vicinanza fisica, tradotta nel trmine «nearshoring», può darci quest’impressione. Con il termine «friendshoring», per esempio, intendiamo invece l’avere relazioni commerciali con un Paese amico.
  • La globalizzazione sta assumendo forme diverse (reshoring, nearshoring, etc.), date da un mercato che ora è più frammentato e diviso a blocchi all’interno dei quali sono presenti processi di integrazione, ma all’esterno dei quali possono anche esserci maggiori tensioni.
  • In realtà, al di là dei neologismi legati al mutamento della globalizzazione, dipendiamo ancora da Paesi lontani, anche se possono non essere più gli stessi di venti anni fa, in quanto Paesi (specialmente economie emergenti) dove prima era possibile a efficientare i costi di produzione, ora sono diventati più costosi.

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