Quale sarà il prossimo passo delle banche centrali?
Le banche centrali riusciranno a continuare a intervenire al rialzo sui tassi per controllare l’inflazione? Cosa comporterà per gli investitori obbligazionari?
Ci troviamo in una situazione insolita: le banche centrali hanno avviato una stretta della politica monetaria per contenere i livelli record di inflazione in un periodo in cui la crescita economica non è affatto sostenuta ma è in forte rallentamento, se non già vicina alla recessione in alcuni casi (Figure 1 e 2). E quindi? Le strategie obbligazionarie adottate negli ultimi 10 anni funzioneranno ancora?
Le banche centrali di molte aree, tra cui Stati Uniti, Eurozona e Regno Unito, dovranno probabilmente fare una scelta radicale nel corso del 2023: andare verso la deflazione (portando di fatto le rispettive economie in recessione per favorire la lotta all'inflazione) o accettare la svalutazione (sopportando di fatto un'inflazione più elevata e prolungata del previsto).
Intenzionate a ristabilire la propria autorità nel campo della lotta all'inflazione, le banche centrali saranno determinate a mantenere la direzione della deflazione, ricorrendo a un tono aggressivo e a forti aumenti dei tassi. Tuttavia, con la recessione alle porte, potrebbe risultare difficile mantenere la rotta.
Il controllo dell’inflazione
Il controllo dell’inflazione
Nel tentativo di risollevare le economie per oltre un decennio, le banche centrali hanno puntato a mantenere un'inflazione vicina o inferiore all'obiettivo. Nonostante l'ampia gamma di strumenti politici e su larga scala messi in campo dalle banche centrali, gli effetti sono probabilmente stati estremamente ridotti.
Figura 1: Tassi reali di crescita del PIL in appiattimento nei mercati sviluppati
Figura 1: Tassi reali di crescita del PIL in appiattimento nei mercati sviluppati
Figura 2: Forte accelerazione dell'inflazione negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell'Eurozona
A dispetto dei tassi di riferimento a zero o negativi adottati in molti Paesi e della creazione di bilanci da migliaia di miliardi di dollari, le banche centrali hanno riscontrato enormi difficoltà a riportare l'inflazione verso l'obiettivo.
Ora che le banche centrali si trovano ad aumentare i tassi a fronte dei livelli record raggiunti dall’inflazione (Figure 3 e 4), non è opportuno sottovalutare quanto servirebbe per riportare l'inflazione all'obiettivo. Con tutta probabilità, i fattori ciclici contribuiranno ad arginare la marea dell'inflazione nei prossimi mesi, ma anche i fattori strutturali giocheranno un ruolo importante e potrebbero rivelarsi molto più duraturi.
Figura 3: Negli USA, l'inflazione PCE core supera il 5%
Figura 4: Tassi di riferimento delle banche centrali rispetto al picco previsto
Il mutevole approccio alla politica
Il mutevole approccio alla politica
La definizione delle politiche delle banche centrali è sempre stata soggetta a periodici cambiamenti. L'ultimo ciclo di rialzo dei tassi della Federal Reserve (Fed), iniziato in realtà nel 2016, si è concretizzato sotto la guida di Janet Yellen che ha preso decisioni politiche lungimiranti, preventive e generalmente basate sui modelli. I tassi sono stati alzati ben prima che l'inflazione raggiungesse l'obiettivo e, in effetti, in quel periodo ha superato di poco l'obiettivo.
Ma gli "anni di Janet Yellen" erano molto diversi dal mondo di oggi. Nel 2020 la Fed ha modificato la retorica sull'inflazione in maniera piuttosto importante, nel momento in cui ha adottato l’obiettivo di inflazione media sul lungo termine. In questo modo i responsabili politici dispongono di maggiore flessibilità, in quanto l'inflazione può essere lasciata temporaneamente libera di oscillare poco al di sopra o al di sotto dell'obiettivo.
Ma la definizione delle politiche sembra cambiata anche in maniera più sostanziale. La Fed di oggi pare concentrata sui dati relativi all'inflazione corrente più di quanto non lo sia mai stata in passato e quindi adotta un approccio molto più reattivo che preventivo. È inoltre meno chiaro quali siano le regole o i modelli alla base del processo decisionale. Molte cose sono cambiate, compresa la definizione delle politiche.
Danni collaterali
Danni collaterali
Attualmente il debito globale si attesta intorno al 350% del PIL mondiale; in generale, i livelli di debito sono aumentati negli ultimi vent’anni, sia in termini relativi che assoluti (Figura 5). In passato alcuni osservatori sostenevano che questo non avesse importanza. Perché? Perché i costi di finanziamento erano tendenzialmente in calo in tutto il mondo. Le banche centrali tagliavano i tassi, i tassi reali scendevano e il servizio del debito diventava quindi più agevole, anche con livelli assoluti più elevati.
Ma se sia i tassi reali sia quelli nominali sono in aumento, questi elevati livelli di debito inizieranno ad avere importanza? Ne siamo convinti. Il servizio del debito diventerà probabilmente più difficile, non solo a livello aziendale ma anche statale. Ed è un dato di fatto che quando i livelli di debito sono elevati, può essere preferibile tollerare livelli più elevati di inflazione.
Figura 5: I livelli di debito globale raggiungono il 350% del PIL
Conseguenze per gli investitori obbligazionari
Conseguenze per gli investitori obbligazionari
I temi che abbiamo toccato in precedenza sono di natura globale e si svilupperanno a ritmi diversi nei vari Paesi. Con tutta probabilità le scelte politiche adottate in Europa saranno piuttosto diverse da quelle statunitensi nei prossimi anni; anche rischi e rendimenti saranno quindi differenti nei due mercati, soprattutto nel caso in cui le banche centrali siano costrette ad aumentare i tassi molto più di quanto attualmente previsto oppure nel caso in cui le banche centrali abbandonino la retorica aggressiva e decidano di tollerare livelli di inflazione più elevati per periodi di tempo più lunghi. In questa congiuntura, riteniamo che strategie flessibili e in grado di approfittare di queste diverse opportunità saranno probabilmente quelle di maggior successo.
Outlook degli investimenti 2023
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