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- La narrativa macroeconomica di quest’anno ha virato dall’eccezionalismo americano al “Sell America” nell’arco di pochi mesi.
- Pensiamo che gli investitori con sovrappeso su asset statunitensi abbiano buoni motivi per cercare una maggiore diversificazione geografica su un orizzonte strategico.
- Tuttavia, ci sono limiti alla riallocazione del portafoglio: siamo convinti che i mercati statunitensi offrano ancora una liquidità senza pari e altri vantaggi strutturali.
- Inoltre, nulla si muove senza imprevisti. Pensiamo che nelle azioni statunitensi vi siano margini di sovraperformance tattica che potrebbero creare opportunità di ribilanciamento strategico nei prossimi mesi.
Le narrative di mercato cambiano velocemente. All’inizio del 2025, la maggior parte degli investitori era fermamente convinta dell’eccezionalismo americano. Si prevedeva che i tagli fiscali e il programma di deregolamentazione del presidente Trump avrebbero stimolato le prospettive di crescita e utili negli Stati Uniti, mentre i dazi avrebbero avuto un impatto negativo sproporzionato sul resto del mondo. Gli investitori hanno avviato l’anno sovrappesati sui titoli statunitensi e sul dollaro USA.
Col senno di poi, il consensus non avrebbe potuto sbagliarsi di più. La decisione di Trump di “sfidare il mondo” a livello commerciale ha fatto sì che il peggior deterioramento delle prospettive di crescita si registrasse proprio negli Stati Uniti. L’emergere di DeepSeek ha messo in discussione il presupposto predominio statunitense nel campo dell’IA e ha rafforzato le azioni cinesi. La minaccia di revoca dello scudo difensivo statunitense ha spinto la Germania a un cambio generazionale nella politica fiscale. Tutti questi sviluppi hanno contribuito a far sì che lo S&P 500 sottoperformasse l’MSCI All-Country World ex US del 14% da inizio anno (movimenti valutari compresi).
Da inizio anno, vi sono stati infatti diversi giorni e settimane in cui la debolezza degli Stati Uniti è stata triplice, con il calo contemporaneo di azioni statunitensi, obbligazioni statunitensi e dollaro. Nell’arco di pochi mesi, la narrativa dell’eccezionalismo americano è stata sostituita da quella del “Sell America”.
Qui ci preme fare tre considerazioni. In primo luogo, su un orizzonte strategico, riteniamo che gli investitori con un forte sovrappeso sugli Stati Uniti abbiano validi motivi per ridurre l’esposizione. Le prospettive economiche degli Stati Uniti sono un po’ meno eccezionali e gli asset un po' più rischiosi, mentre le valutazioni relative di azioni e valute sono ancora elevate. Al contempo, vi sono limiti all’entità e alla velocità con cui gli investitori possono o dovrebbero diversificare i propri investimenti al di fuori degli Stati Uniti, considerando la liquidità e i vantaggi strutturali che i mercati statunitensi offrono. Infine, la riallocazione del portafoglio non avviene in modo lineare e riteniamo vi sia margine per una sovraperformance tattica nelle azioni statunitensi. Questo potrebbe creare opportunità di diversificazione strategica in altri mercati nei prossimi mesi per i portafogli che presentano già un sovrappeso significativo sugli Stati Uniti.
Riallocare strategicamente il portafoglio ha senso
Riallocare strategicamente il portafoglio ha senso
Per anni, le valutazioni relative hanno puntato verso una sottoperformance delle azioni statunitensi. Fino agli ultimi eventi, investire in azioni regionali basandosi esclusivamente sulle valutazioni si è rivelato un errore clamoroso. L’economia statunitense e, in particolare, gli utili del settore tecnologico hanno offerto rendimenti straordinari rispetto al resto del mondo.
Tuttavia, nonostante la questione delle valutazioni si ponga da tempo, intravediamo catalizzatori per un ulteriore mean reversion, ritornando alle medie di lungo periodo. Il rallentamento dell’immigrazione negli Stati Uniti ridurrà, per definizione, la forza lavoro e il potenziale di crescita. I dazi rappresentano uno shock sull’offerta che andrà a ridurre la marginalità delle imprese e aumentare l’inflazione. Dalla Canada alla Germania, i Paesi stanno rispondendo ai cambi della politica statunitense aumentando il sostegno fiscale, il che dovrebbe ridurre i differenziali di crescita. Nel frattempo, la crescita degli utili nel settore tecnologico rimane solida negli Stati Uniti, ma si assiste a una normalizzazione rispetto ai mercati globali. Gli Stati Uniti mantengono un primato in termini di corporate governance e innovazione, che tuttavia appare meno eccezionale alla luce dei recenti sviluppi.
Inoltre, negli ultimi anni le correlazioni dei rendimenti tra le diverse regioni si sono affievolite. Su questo fenomeno incidono, tra altri fattori, la concentrazione tecnologica negli Stati Uniti e le diverse politiche fiscali dei vari Paesi. Considerando queste dinamiche e la più ampia “deglobalizzazione” in atto, riteniamo che vi siano buoni motivi per ritenere che le correlazioni regionali rimarranno inferiori alla loro media storica. Questo è importante perché, anche se gli Stati Uniti dovessero leggermente sovraperformare, una minore correlazione significa che una maggiore diversificazione potrebbe ridurre la volatilità complessiva del portafoglio, aumentando i rendimenti corretti per il rischio.
Grafico 1: le correlazioni dei rendimenti azionari tra le diverse regioni si sono indebolite
Correlazione media pairwise tra regioni azionarie*

Diversificare geograficamente nel reddito fisso appare una scelta sensata anche per noi. La dinamica del debito statunitense è sempre più preoccupante e il pacchetto di misure fiscali in discussione al Congresso rischia di aggravare una situazione già insostenibile. Come accennavamo in precedenza, i dazi stanno generando per gli Stati Uniti uno shock dell’offerta, che potrebbe aumentare l’inflazione e limitare la capacità della Federal Reserve di rispondere al rallentamento della crescita. Le banche centrali dei Paesi extra-USA si trovano ad affrontare solo uno shock della domanda, imputabile ai dazi, e dovrebbero quindi avere un margine di manovra maggiore per allentare la politica monetaria qualora la crescita e l’inflazione rallentassero più del previsto, lasciando potenzialmente maggior spazio di rialzo per le obbligazioni regionali.
A livello valutario, una crescita statunitense meno eccezionale dovrebbe pesare sull’USD. Molti grandi investitori istituzionali extra-USA detengono posizioni in asset statunitensi senza copertura valutaria. UBS Investment Bank stima che gli investitori esteri detengano asset statunitensi con un rapporto di copertura valutaria del 20% per le azioni e del 50% per i titoli a reddito fisso. Il recente passaggio da una correlazione negativa a una positiva tra azioni statunitensi e USD dovrebbe incentivare gli investitori extra-USA ad aumentare le coperture sull’USD per ridurre il rischio di perdite sia in termini di rendimento degli asset sottostanti che valutari. Questo dovrebbe esercitare una pressione strutturale sull’USD sopravvalutato nei prossimi anni.
I limiti del “Sell America”
I limiti del “Sell America”
Al contempo, ci sono limiti all’entità e alla velocità con cui gli investitori possono disinvestire dai mercati statunitensi. Gli Stati Uniti vantano i mercati più profondi e più liquidi al mondo. A nostro avviso, per le loro dimensioni i mercati statunitensi riescono ad assorbire grandi operazioni con impatti sui prezzi minori rispetto alla maggior parte degli altri mercati.
Viceversa, i mercati di molti altri Paesi sono significativamente più piccoli o meno liquidi: deflussi copiosi da asset statunitensi verso asset esteri potrebbero rapidamente travolgere alcuni mercati. Ad esempio, l’intero mercato azionario dell’eurozona è appena la metà di quello statunitense e i mercati emergenti sono anche più piccoli. Un fondo pensione o una banca centrale che volesse trasferire centinaia di miliardi da Treasury verso, ad esempio, obbligazioni europee o dei mercati emergenti, si troverebbe di fronte un’offerta limitata e spread denaro-lettera più ampi. Pertanto, le istituzioni spesso mantengono un sovrappeso in asset statunitensi semplicemente perché in questi mercati riescono ad allocare importi ingenti in modo efficiente.
Inoltre, gli Stati Uniti vantano un lungo track record di solida corporate governance, trasparenza finanziaria e tutele giuridiche. Questo infonde fiducia di un minor rischio operativo e di governance per le allocazioni di grandi dimensioni in asset statunitensi, soprattutto tra gli investitori istituzionali e fiduciari. Altri mercati, seppur in crescita, potrebbero presentare problemi di corporate governance, ingerenze politiche o infrastrutture di mercato meno mature.
Tuttavia, la tassazione dei redditi da investimento, una misura attualmente allo studio da parte dell’amministrazione Trump e del Congresso, potrebbe cambiare questa percezione. Nella proposta di legge “One Big Beautiful Bill Act”, la Sezione 899 integra un nuovo codice fiscale statunitense intitolato “Applicazione di misure riparative contro imposte estere inique”, che consente agli Stati Uniti di aumentare le aliquote di ritenuta alla fonte (dal 5% fino a un massimo del 20% all’anno) alle persone fisiche e giuridiche di Paesi che, secondo il Tesoro, applicano imposte “discriminatorie” nei confronti degli Stati Uniti (ad esempio attraverso imposte sui servizi digitali). Se venisse approvata, non è chiaro in che misura questa prerogativa verrebbe effettivamente esercitata (è possibile, infatti, che le nuove autorità si limitino a offrire una leva per ottenere dagli altri Paesi una riduzione delle imposte sulle società statunitensi). Tuttavia, l’introduzione di una legge che consenta di tassare la proprietà di asset stranieri negli Stati Uniti potrebbe aumentare i premi di rischio su tali asset. Se approvata, questa misura potrebbe rafforzare la narrativa del “Sell America” a medio termine.
Percorso vs. destinazione
Percorso vs. destinazione
Per quanto si possa abbracciare il tema del “Sell America” a breve termine, in un’ottica tattica potrebbe risultare esagerato.
Il Global Fund Manager Survey (FMS) di Bank of America, un indicatore del sentiment degli investitori istituzionali molto seguito, mostra un forte sottopeso delle azioni statunitensi e del dollaro negli ultimi mesi. A maggio 2025, i gestori di fondi globali segnalavano un sottopeso netto del 38% nelle azioni statunitensi, uno dei dati più ribassisti degli ultimi decenni e un calo di quasi 60 punti percentuali nell’allocazione azionaria statunitense rispetto a gennaio. Sempre a maggio, il FMS ha evidenziato anche il maggior sottopeso sul dollaro USA dal 2006, con il 17% netto degli intervistati sottopeso nel biglietto verde, ossia la posizione più sottopesata sul dollaro degli ultimi 19 anni. Un posizionamento di questo tipo, simile a una resa, spesso funge da indicatore contrarian.
Grafico 2: il Fund Manager Survey (FMS) di Bank of America mostra l’estremo sottopeso delle azioni statunitensi
% netta sottopeso azioni USA

Su un orizzonte tattico (3-6 mesi), riteniamo che le azioni statunitensi possano sovraperformare per diversi motivi. Il primo è il già citato sentiment contrarian e il posizionamento sulle azioni statunitensi, che potrebbero facilmente registrare un rimbalzo in caso di sviluppi positivi dell’economia e della politica statunitense. In secondo luogo, dopo la stagione dei risultati del primo trimestre, gli utili statunitensi hanno sostanzialmente superato quelli di altre regioni e i piani di spesa in conto capitale per le infrastrutture di IA sono stati confermati, rinvigorendo il sentiment sul tema dell’IA. In terzo luogo, la debolezza del dollaro da inizio anno rappresenta un elemento di sostegno per i titoli large cap statunitensi con esposizione internazionale e, allo stesso tempo, un elemento di freno per i titoli non statunitensi in valuta locale. Per questo motivo, è probabile che le revisioni degli EPS risultino più positive negli Stati Uniti rispetto ad altre regioni, che potrebbero risentire del rafforzamento della valuta. In quarto luogo, storicamente i prossimi tre-quattro mesi hanno registrato una stagionalità negativa dei dati economici e, di conseguenza, le azioni europee hanno sovraperformato quelle statunitensi solo nel 30% dei casi durante l’estate (sulla base dei dati dal 1988).
Grafico 3: le revisioni degli EPS sono migliorate di più negli Stati Uniti che in altre regioni.
Portata delle revisioni degli EPS

Asset allocation
Asset allocation
Abbiamo potenziato tatticamente le azioni statunitensi, poiché riteniamo che il posizionamento lieve, la debolezza del dollaro e i solidi fondamentali degli utili offrano sostegno a breve termine. Al contempo, abbiamo sottopesato tatticamente le azioni europee, poiché riteniamo che la sovraperformance di quest’anno rifletta già il miglioramento delle prospettive macroeconomiche e pensiamo che il rafforzamento dell’euro possa ostacolare la crescita dei ricavi.
In Europa continuiamo a sovrappesare le banche europee con un dividend yield interessante intorno al 6% e valutazioni convenienti che non riflettono i solidi fondamentali. Se gli Stati Uniti dovessero sovraperformare nel breve termine, come prevediamo, questo potrebbe offrire agli investitori molto sovrappesati al mercato statunitense l’opportunità di adeguare la propria allocazione strategica per renderla più equilibrata.
Abbiamo rivisto al rialzo le azioni dei mercati emergenti e le valute dopo la de-escalation sui dazi tra Stati Uniti e Cina. Il carry valutario sta diventando sempre più interessante, poiché prevediamo che l’economia rimarrà in una fase di stallo: né abbastanza calda da spingere i rendimenti verso livelli significativamente più elevati, né abbastanza fredda da creare timori per la crescita. Tra le valute, privilegiamo quelle dei mercati emergenti che offrono un carry reale elevato, tra cui il BRL e l’INR.
Analogamente, riteniamo che un contesto caratterizzato da un miglioramento del carry e da rendimenti sempre elevati non giochi a favore del detenere asset “rifugio”, almeno su un orizzonte tattico. Di conseguenza, abbiamo eliminato le nostre posizioni lunghe tattiche sul JPY e sull’oro, che hanno entrambi registrato una solida performance da inizio anno e potrebbero risentire del posizionamento affollato.
View sulle asset class
Asset class | Asset class | Indicazione complessiva/relativa | Indicazione complessiva/relativa | View di UBS Asset Management | View di UBS Asset Management |
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Asset class | Azioni globali | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Sulle azioni siamo neutrali poiché nonostante il miglioramento delle prospettive macroeconomiche, le valutazioni di mercato hanno registrato una netta ripresa e non scontano un rischio di ribasso significativo legato alla politica commerciale o all’economia. Prediligiamo il valore relativo piuttosto che scommesse direzionali di ampia portata.
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Asset class | USA | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Prevediamo che le azioni statunitensi registreranno una sovraperformance, poiché la qualità elevata continuerà a trainare gli utili e l’indebolimento del dollaro USA offrirà sostegno. Riteniamo che il “Sell America” fosse eccessivo. |
Asset class | Europa | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | Dopo il forte rally registrato da inizio anno, le azioni europee hanno scontato molte notizie positive e ora le valutazioni sono meno favorevoli. Gli utili rimangono deboli rispetto ad altre regioni e la recente forza dell’euro costituirà un freno. All’interno dell’Europa, continuiamo a preferire le banche europee, che presentano ancora valutazioni convenienti e offrono una buona crescita degli utili. |
Asset class | Giappone | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Il Giappone ha registrato miglioramenti in termini di crescita del PIL nominale, resilienza degli utili e corporate governance, tutti elementi favorevoli. La forza del JPY e il netto aumento dei rendimenti dei JGB a lungo termine ci portano a rimanere neutrali. |
Asset class | Mercati emergenti | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | La Cina continua a registrare progressi tecnologici nel campo dell’IA e gli utili dei mercati emergenti sono solidi in tutte le regioni. La de-escalation dei dazi crea una finestra di sovraperformance in un contesto di valutazioni convenienti. |
Asset class | Titoli di Stato globali | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Siamo neutrali sulla duration poiché il rallentamento della crescita di quest’anno è controbilanciato dalle aspettative di stimoli fiscali. Le obbligazioni a breve termine offrono un certo grado di protezione contro gli asset rischiosi qualora dovessero concretizzarsi i rischi di rallentamento della crescita.
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Asset class | Titoli di Stato USA | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Siamo neutrali sulla duration statunitense poiché i Treasury sono esposti alla volatilità derivante dai cambiamenti politici. I rendimenti assoluti sono più interessanti, ma temiamo che l’aumento dei deficit fiscali possa causare ulteriori aumenti dei premi a scadenza. |
Asset class | Bund | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Riteniamo che la parte iniziale della curva tedesca potrebbe registrare un balzo a causa dei rischi legati alla crescita esterna, ma in ultima analisi, visti gli stimoli fiscali, pensiamo che la curva rimarrà ripida. |
Asset class | Gilt | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Siamo sovrappeso sui Gilt poiché le valutazioni sono interessanti e pensiamo che il governo eviterà un incremento disordinato del deficit. |
Asset class | Japanese Government Bond
| Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | I salari e l’inflazione sottostante accelerano, ma prevediamo che la BoJ attenderà di avere maggiore chiarezza sulla crescita esterna prima di alzare i tassi. |
Asset class | Svizzera | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | Le valutazioni sono storicamente elevate e il mercato sconta già che la BNS taglierà i tassi portandoli in territorio negativo. |
Asset class | Credito globale | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Riteniamo che gli spread creditizi IG e HY abbiano scarso margine di compressione a questi livelli e rimangano esposti al rischio di un ampliamento significativo qualora le prospettive economiche dovessero deteriorarsi più del previsto. A livello regionale, l’HY asiatico offre il miglior rapporto rischio/rendimento.
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Asset class | Credito Investment Grade | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Con spread superiori di soli 15 pb rispetto ai minimi locali registrati alla fine dello scorso anno, il mercato IG non sembra scontare un sensile rallentamento dovuto ai dazi. I fondamentali societari sono tuttavia solidi. |
Asset class | Credito high yield | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Gli spread HY si sono già notevolmente contratti dal Liberation Day e sono poco scontati per i rischi di ribasso. Eppure, i rendimenti all-in restano interessanti. |
Asset class | Debito dei mercati emergenti in valuta forte | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Riteniamo che l’HY asiatico offra il carry corretto per il rischio più interessante tra i segmenti del credito globale. |
Asset class | Valute | Indicazione complessiva/relativa | N/A1 | View di UBS Asset Management | N/A1 |
Asset class | USD | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Sebbene vi siano argomentazioni solide a favore di un sottopeso a medio termine, riteniamo che la narrativa “Sell America” sia esagerata a breve termine e che la resilienza dell’economia statunitense potrebbe portare a un certo disimpegno da posizioni corte sul USD rispetto alle valute di riserva. |
Asset class | EUR | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Apprezziamo l’EUR su base strutturale, poiché può beneficiare di una valutazione conveniente e di flussi di copertura sull’USD. Riteniamo inoltre che l’EURCHF dovrebbe aumentare con il rafforzarsi della propensione al rischio. |
Asset class | JPY | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Abbiamo operato prese di benefici sul JPY long poiché il posizionamento è eccessivo e riteniamo che, con il miglioramento del contesto di rischio, vi siano margini per un disimpegno. |
Asset class | CHF | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | Siamo negativi sul CHF rispetto alle altre valute di riserva diverse dall’USD, poiché vediamo un aumento del rischio di ulteriori tagli da parte della BNS o di intervento sul mercato valutario. |
Asset class | Valute Mercati emergenti | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Con il calo della volatilità e la tenuta dell’economia globale, il carry EM risulta più interessante. Apprezziamo particolarmente TRY, BRL, INR e HUF. |
Asset class | Materie prime | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Pensiamo che l’oro sia in via di consolidamento visto il posizionamento affollato, mentre la domanda resiliente delle banche centrali mantiene intatte le tesi a lungo termine. Siamo neutrali sul petrolio.
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