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View di gennaio sui fattori macroeconomici e sulle asset class
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View di gennaio sui fattori macroeconomici e sulle asset class
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Il 2024 è stato il quarto anno consecutivo di rialzo per i rendimenti statunitensi, un evento che non si registrava dall’inizio degli anni ‘80. Negli ultimi anni siamo stati pazienti sovrappesando la duration nei nostri portafogli multi-asset, poiché vedevamo costantemente i rischi per la crescita nominale degli Stati Uniti tendere al rialzo rispetto alle attese del consensus.
Tuttavia, in questo inizio 2025, il mercato prevede che la Federal reserve sia giunta quasi al termine della sua campagna di allentamento, in un momento in cui i rischi rispetto alle attese di crescita del consensus sono ormai più equilibrati di quanto siano stati nel corso del ciclo. Inoltre, riteniamo che le politiche dell’amministrazione entrante avranno un effetto meno inflazionistico di quanto lasciano pensare le esternazioni attuali. Nel complesso, il rapporto rischio-rendimento della duration è migliorato e ipotizziamo di aggiungere un’esposizione a titoli di Stato e credito selettivo nei momenti di calo.
Un’impostazione diversa
Le previsioni di crescita del consensus per il 2023 e 2024 sono risultate di gran lunga inferiori ai risultati effettivi conseguiti dall’economia (Grafico 1). I solidi bilanci del settore privato, la robusta crescita dei redditi a supporto dei consumi (compreso un boom d’immigrazione) e il prolungato sostegno della politica fiscale hanno alimentato la crescita nonostante il forte aumento dei tassi di interesse registrato nel 2022-2023. Ora, però, il consensus si è riallineato e per quest’anno prevede una crescita del PIL reale del 2,2%. Sebbene riteniamo che i redditi reali positivi e la tenuta dei consumi possano continuare a sostenere la crescita portandola oltre questo dato, il potenziale di scostamento al rialzo rispetto alle aspettative si è ridotto notevolmente.
Crescita annuale del PIL reale USA
And while we see a recession this year as quite unlikely, the economy doesn’t look as hot as it has in previous years. The labor market is still cooling as indicated by the household survey and a broad set of indicators (quits, openings, continuing claims, etc.), even though headline payroll data has been strong. Residential activity continues to struggle amid elevated mortgage rates, and business spending has also weakened. This data does not suggest an abrupt sharp slowing of the economy is likely, but it does suggest rates at current levels may still be restrictive.
In the meantime, we believe the underlying trend of inflation is lower, excluding potential one-off effects from tariffs. While upside surprises for core PCE in September and October show the path towards 2% will remain bumpy, the November print annualized under 2% and, in particular, added to evidence that shelter prices are on a decelerating path. The three-month moving average of core PCE stands at 2.5%, hardly booming, and ongoing cooling in shelter and wages suggest further progress towards the 2% target this year.
Treasury USA 10 anni vs. Citigroup US Economic Surprise Index
Fed, dazi e immigrazione
Queste prospettive più bilanciate per la crescita e l’inflazione giungono in un momento in cui il mercato dei tassi è diventato più aggressivo. I rendimenti decennali statunitensi sono cresciuti di 100 punti base da quando la Fed ha avviato il suo ciclo di allentamento, con un taglio di 50 punti base a settembre. Subito dopo quella riunione, si prevedevano ulteriori 10 tagli (da 25 pb) fino al 2025. Due sono stati effettuati rispettivamente a novembre e dicembre, ma il mercato ora se ne aspetta solo altri 1-2 nel 2025 prima di una lunga pausa.
Per dirla tutta, anche la Fed ha preso una direzione aggressiva, passando, nel documento Sintesi delle proiezioni economiche del Federal Open Market Committee (FOMC) di dicembre, da quattro a due tagli nel 2025 e allineandosi sostanzialmente al mercato per quest’anno. Tuttavia, la Fed prevede ancora di effettuare due ulteriori tagli nel 2026 e il presidente Powell ha sottolineato di considerare la politica ancora “significativamente restrittiva”.
È importante rilevare che la Fed ha rivisto al rialzo le previsioni sul PCE core, portandole dal 2,2% al 2,5% quest’anno. Questo cambio di aspettative è imputabile in parte all’aumento dell’inflazione registrato a settembre e ottobre, ma alcuni membri hanno iniziato a considerare nel loro quadro e nelle loro proiezioni anche gli effetti delle politiche della nuova amministrazione.
Escludendo i dazi, una previsione del PCE core del 2,5% sarebbe conservativa alla luce delle pressioni disinflazionistiche richiamate sopra. E sebbene le politiche commerciali del neo-eletto presidente Trump siano accompagnate da grande incertezza quest’anno, non siamo convinti che a un aumento significativo dei dazi seguirebbe una virata molto aggressiva della Fed, per tre motivi.
In primo luogo, se da un lato i dazi aumentano l’inflazione, dall’altro dovrebbero essere considerati più come un balzo una tantum dei livelli di prezzo rispetto a una forza inflazionistica persistente. Fino a che l’inflazione attesa rimarrà contenuta, come ci aspettiamo che sarà, la Fed dovrebbe passare oltre lo shock dell’offerta, a parità di condizioni. In secondo luogo, i dazi non alzano solo i prezzi, ma indeboliscono la crescita. Avendo la Fed un duplice mandato, dovrebbe essere sensibile ai potenziali impatti sull’occupazione. Infine, e in relazione ai due punti precedenti, i dazi del 2018 avevano provocato un forte calo degli asset rischiosi e un inasprimento delle condizioni finanziarie, portando in ultima istanza la Fed ad adottare una posizione accomodante, e non aggressiva.
Un altro potenziale shock dell’offerta negativo potrebbe arrivare dalla volontà della nuova amministrazione di ridurre l’immigrazione, solitamente citata come potenziale fonte di inflazione. In realtà, i flussi immigratori netti stanno già diminuendo rapidamente e l’incertezza riguarda piuttosto le dimensioni delle espulsioni sotto la presidenza Trump, compresa la logistica alla loro base.
Espulsioni di massa potrebbero contrarre il mercato del lavoro, rallentando la crescita della manodopera, e portare a un aumento dei salari. Tuttavia, il rallentamento della crescita demografica determinerebbe a sua volta un calo della domanda. Siccome negli ultimi anni l’aumento dell’immigrazione aveva dato impulso alla crescita, è ragionevole supporre che un’inversione di tendenza sarebbe negativa. Con ogni probabilità, la Fed analizzerà con pazienza i dati del mercato del lavoro prima di saltare a conclusioni. Per ora, tuttavia, non riteniamo che un inasprimento di politica migratoria porterà a un inasprimento di politica monetaria.
Attualmente il mercato sconta un tasso terminale del 3,9% (tasso OIS (overnight index swap) a due anni) a fronte di un “dot plot” di lungo periodo della Fed rivisto al rialzo (nella Sintesi delle proiezioni economiche della Fed) pari al 3%. Benché sia possibile un ulteriore rialzo della stima del tasso “neutrale” della Fed, riteniamo che i rischi per il tasso terminale prossimo al 4% previsto dal mercato siano orientati verso il basso.
Previsione del mercato vs. tendenza centrale del dot plot di lungo periodo
I rischi fiscali sono meno netti
Oltre ai rischi legati ai dazi e all’immigrazione, l’agenda fiscale di Trump ha sollevato anche timori sull’inflazione e sul conseguente aumento dei premi di rischio sulle obbligazioni. Questo aspetto ci preoccupa meno.
In primo luogo, pensiamo che la squadra di Trump opererà con una certa sensibilità rispetto all’inflazione e all’impatto delle sue politiche sui tassi dei finanziamenti e dei mutui. Nei sondaggi l’inflazione e l’elevato costo della vita sono infatti emersi costantemente come una delle maggiori preoccupazioni delle famiglie statunitensi, elemento che probabilmente è stato determinante per la vittoria elettorale di Trump. In concreto, l’attuale “mandato” di Trump è finalizzato ad avere meno inflazione, non di più, a differenza del 2016 quando si trattava di “crescere ad ogni costo”. Il nuovo Segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha commentato questi fattori sostenendo che la sua attenzione alla riforma fiscale, alla deregolamentazione e all’aumento di produzione di energia potrebbero generare una crescita non inflazionistica.
In secondo luogo, rispetto al rischio che l’espansione fiscale determini inflazione, riteniamo che un eventuale aumento del deficit fiscale incontrerà maggiore resistenza. Bessent ha già delineato un piano per ridurre il deficit di bilancio al 3% del PIL entro il 2028, concentrandosi su tagli alla spesa discrezionale. La creazione del Dipartimento per l’efficienza di governo (DOGE) punta a ridurre le dimensioni dell’apparato governativo federale attraverso il ridimensionamento del personale, la riduzione delle frodi e degli sprechi e il taglio di programmi non necessari.
La volontà e la capacità di attuare tagli significativi alla spesa discrezionale non legata alla difesa sono tutte da dimostrare, ma l’attenzione posta alla questione è comunque un buon inizio. E se tutto questo non bastasse, un “red sweep” non darà comunque carta bianca all’amministrazione Trump in ambito fiscale, come dimostra il fatto che di recente i Repubblicani della Camera che hanno respinto la richiesta di Trump di aumentare il tetto del debito prima del suo insediamento.
Nel frattempo, i rendimenti dei Treasury a più lunga scadenza sono arrivati a un livello che, a nostro avviso, compensa in parte questi rischi fiscali e di inflazione. La curva dei rendimenti si è irripidita anche grazie all’aumento dei premi per scadenza, ossia la remunerazione aggiuntiva che gli investitori richiedono per sostenere, tra gli altri, i rischi di inflazione e fiscali derivanti dalla duration. Di recente questi dati sono aumentati arrivando a livelli che non si vedevano dal 2011 nel punto a 10 anni della curva.
L’ultima volta che si sono attestati su questi livelli è stato ad ottobre del 2023, dopo che ad agosto il Tesoro aveva annunciato un aumento di 770 miliardi di dollari statunitensi (~2,5% del PIL) nell’emissione di Treasury per il 2024, catalizzando una rapida svendita dei titoli. Di contro, l’emissione aggiuntiva che deriverebbe dagli sgravi fiscali sarebbe nulla in confronto, soprattutto se gli sgravi fossero almeno in parte finanziati. Inoltre, nell’ottobre del 2023 l’inflazione era significativamente più elevata e il tasso di disoccupazione ancora ben inferiore al 4%: in quel momento aveva più senso che i premi per scadenza fossero più alti.
Premi a scadenza dei Treasury a 10 anni
Asset allocation
In questo 2025 appena iniziato, prediligiamo azioni e obbligazioni. Sebbene le azioni non siano convenienti, siamo ancora del parere che la buona crescita, gli utili sani, la disinflazione e l’allentamento monetario in corso a livello globale possano trainare in modo significativo la performance degli asset rischiosi. I Treasury statunitensi rimangono la nostra principale copertura per gli asset rischiosi contro le sorprese al ribasso della crescita e, con i rendimenti attuali, al momento sono interessanti anche di per sé. Con gli spread delle obbligazioni societarie statunitensi storicamente contratti, il credito è più orientato al carry che all’aumento dei prezzi; i rendimenti all-in restano interessanti.
Il rischio principale per la nostra asset allocation è un potenziale aumento della correlazione tra azioni e obbligazioni, determinato dai timori di accelerazione dell’inflazione e/o maggiore aggressività della Fed. Stiamo gestendo con attenzione questi rischi nella costruzione del nostro portafoglio, anche attraverso i cambi: le posizioni selettive lunghe in USD rispetto a EUR e CNH dovrebbero infatti ottenere risultati nel caso di una rivalutazione aggressiva della Fed (nonché in caso di escalation dei dazi). L’aumento di timori per il deficit degli Stati Uniti potrebbe portare a un indebolimento del dollaro, ma non abbiamo ancora osservato elementi a conferma di una rottura della correlazione tra i differenziali di rendimento degli Stati Uniti con altri Paesi omologhi e il biglietto verde. Stiamo monitorando attentamente questo rischio e abbiamo i mezzi per reagire in modo flessibile qualora intervenissero variazioni in queste dinamiche.
View sulle asset class
Il grafico seguente mostra la view del nostro team di Asset Allocation sull’attrattiva complessiva delle asset class al 3 gennaio 2025. Le sezioni in grassetto illustrano le nostre indicazioni complessive su azioni, tassi e credito a livello globale. Le altre sezioni, invece, chiariscono le nostre opinioni su alcune regioni all'interno delle varie asset class: azioni, obbligazioni, credito e valute. Poiché la tabella non include tutte le asset class, l’indicazione complessiva netta potrebbe essere leggermente negativa o positiva.
Asset class | Asset class | Indicazione complessiva/relativa | Indicazione complessiva/relativa | View di UBS Asset Management | View di UBS Asset Management |
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Asset class | Azioni globali | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Un contesto macroeconomico e degli utili costruttivo comporta un maggiore rialzo nonostante le valutazioni elevate. Anche le condizioni finanziarie rimangono favorevoli, visto l’allentamento degli standard di finanziamento. |
Asset class | USA | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Profilo di utili relativamente solido e minore sensibilità del settore manifatturiero rispetto alle azioni globali. Il potenziale di deregolamentazione e dazi rafforza l’eccezionalismo americano, benché la forza del dollaro possa diventare più problematica. |
Asset class | Europa | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | Economia e utili ancora in difficoltà. Ritardo nel settore manifatturiero globale, malgrado le valutazioni convenienti. |
Asset class | Giappone | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | La riforma delle imprese in essere, i solidi utili e l’aumento della crescita nominale si contrappongono alla stretta della Bank of Japan. |
Asset class | Mercati emergenti | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Gli utili positivi e il cambio di politica da parte della Cina offriranno sostegno, ma i rischi legati ai dazi e la forza dell’USD minano l’interesse per i mercati emergenti. |
Asset class | Titoli di Stato globali | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Le valutazioni sono migliorate, aumentando l’attrattività della duration. Continuiamo a pensare che la crescita e l’inflazione rallenteranno quest’anno, sostenendo un ciclo di allentamento globale (ad eccezione del Giappone). |
Asset class | Titoli di Stato USA | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Le valutazioni appaiono interessanti poiché prevediamo un calo dell’inflazione e della crescita. |
Asset class | Bund | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | La persistente debolezza della crescita, il rallentamento dell’inflazione e il rischio di dazi sostengono l’opinione positiva sui Bund. |
Asset class | Gilt | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | L’ampio deficit di bilancio con maggiori spese fiscali a breve termine compensa le valutazioni a buon mercato. |
Asset class | Japanese Government Bond | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | I salari e l’inflazione sottostante stanno accelerando mentre il mercato sta anticipando una politica troppo accomodante. |
Asset class | Svizzera | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | Le valutazioni sono storicamente elevate; un notevole ulteriore allentamento è già incluso nella politica della BNS. |
Asset class | Credito globale | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Le prospettive di rischio/rendimento per il credito non sono particolarmente interessanti, soprattutto negli Stati Uniti, dove gli spread sono ai livelli più bassi da prima della grande crisi finanziaria. EUR e Asia HY offrono ancora le migliori opportunità di carry. |
Asset class | Credito investment grade | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Gli investitori continuano a cercare opportunità di reddito nel credito, soprattutto perché la liquidità diventa gradualmente meno interessante. Prevediamo che i rendimenti saranno trainati dal carry e dalla duration quest’anno. |
Asset class | Credito high yield | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | La buona qualità del credito e il contesto macroeconomico favorevole giustificano spread contratti, ma la compensazione dei rischi di ribasso è modesta. Le obbligazioni HY in Europa e Asia offrono valutazioni più interessanti e carry. |
Asset class | Debito dei mercati emergenti in valuta forte | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Molti emittenti dei mercati emergenti in difficoltà hanno gestito una ristrutturazione e importanti riforme nel 2024, aprendo la strada a un minore rischio di insolvenza. Gli spread sono meno contratti rispetto a quelli dei mercati sviluppati, ma l’aumento dei rendimenti statunitensi e/o un dollaro forte rappresentano un rischio. |
Asset class | Valute | Indicazione complessiva/relativa | NA1 | View di UBS Asset Management | NA1 |
Asset class | USD | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | L’eccezionalismo americano e i rischi legati ai dazi dovrebbero continuare a sostenere l’USD rispetto ai titoli a basso e alto rendimento, sebbene l’USD si sia rafforzato velocemente nel quarto trimestre con un maggior posizionamento. |
Asset class | EUR | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | La crescita relativa, i differenziali di tasso e i rischi legati ai dazi prospettano una persistente debolezza dell’euro. |
Asset class | JPY | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Apprezziamo le posizioni lunghe in JPY su base relativa rispetto a EUR e CNH, viste le valutazioni convenienti e la stretta della BoJ. |
Asset class | CHF | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | I tagli più aggressivi del previsto della BNS e una valutazione costosa dovrebbero pesare sul CHF. |
Asset class | Valute Mercati emergenti | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Sovrappeso sullo ZAR in ragione del carry e delle riforme interne positive, sottopeso sul CNH per il rischio legato ai dazi. |
Asset class | Materie prime | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | L’oro rimane un interessante elemento di diversificazione con supporto strutturale. Con il rinvio dell’aumento della produzione da parte dell’OPEC+, il rischio di ribasso a breve termine per il petrolio è venuto meno e il Brent è ora scambiato tra i 70 e gli 80 dollari. |
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