Messaggi chiave

  • Dopo quattro anni consecutivi di rialzo dei rendimenti decennali statunitensi, in questo inizio 2025 la duration si prospetta come interessante.
  • Rispetto alle attese del consensus, i rischi per la crescita e l’inflazione non sono più orientati nettamente al rialzo, proprio quando il mercato ormai esclude un allentamento di rilievo da parte della Fed.
  • Le politiche dell’amministrazione entrante saranno probabilmente meno inflazionistiche e la funzione di reazione della Fed ai dazi meno aggressiva di quanto lascino pensare le esternazioni attuali.
  • In questo avvio di 2025 apprezziamo azioni e obbligazioni, utilizzando al contempo un’esposizione lunga selettiva sull’USD a copertura di un’eventuale rivalutazione aggressiva della Fed o di un aumento significativo dei dazi.

Il 2024 è stato il quarto anno consecutivo di rialzo per i rendimenti statunitensi, un evento che non si registrava dall’inizio degli anni ‘80. Negli ultimi anni siamo stati pazienti sovrappesando la duration nei nostri portafogli multi-asset, poiché vedevamo costantemente i rischi per la crescita nominale degli Stati Uniti tendere al rialzo rispetto alle attese del consensus.

Tuttavia, in questo inizio 2025, il mercato prevede che la Federal reserve sia giunta quasi al termine della sua campagna di allentamento, in un momento in cui i rischi rispetto alle attese di crescita del consensus sono ormai più equilibrati di quanto siano stati nel corso del ciclo. Inoltre, riteniamo che le politiche dell’amministrazione entrante avranno un effetto meno inflazionistico di quanto lasciano pensare le esternazioni attuali. Nel complesso, il rapporto rischio-rendimento della duration è migliorato e ipotizziamo di aggiungere un’esposizione a titoli di Stato e credito selettivo nei momenti di calo.

Un’impostazione diversa

Le previsioni di crescita del consensus per il 2023 e 2024 sono risultate di gran lunga inferiori ai risultati effettivi conseguiti dall’economia (Grafico 1). I solidi bilanci del settore privato, la robusta crescita dei redditi a supporto dei consumi (compreso un boom d’immigrazione) e il prolungato sostegno della politica fiscale hanno alimentato la crescita nonostante il forte aumento dei tassi di interesse registrato nel 2022-2023. Ora, però, il consensus si è riallineato e per quest’anno prevede una crescita del PIL reale del 2,2%. Sebbene riteniamo che i redditi reali positivi e la tenuta dei consumi possano continuare a sostenere la crescita portandola oltre questo dato, il potenziale di scostamento al rialzo rispetto alle aspettative si è ridotto notevolmente.

Grafico 1: gli economisti hanno decisamente sottovalutato la crescita, finora

Crescita annuale del PIL reale USA

Un grafico a barre che mostra la crescita prevista e realizzata per il 2023 e il 2024, nonché la cifra prevista per il 2025.
Fonte: UBS Asset Management, Bloomberg. Dati aggiornati a dicembre 2024.

Il grafico mostra ampie differenze tra crescita del PIL reale attesa e realizzata, con il dato del 2025 più alto di quasi il 3% rispetto al 2023 e dell’1,5% rispetto al 2024. La crescita prevista per il 2025 è di poco superiore al 2%.

And while we see a recession this year as quite unlikely, the economy doesn’t look as hot as it has in previous years. The labor market is still cooling as indicated by the household survey and a broad set of indicators (quits, openings, continuing claims, etc.), even though headline payroll data has been strong. Residential activity continues to struggle amid elevated mortgage rates, and business spending has also weakened. This data does not suggest an abrupt sharp slowing of the economy is likely, but it does suggest rates at current levels may still be restrictive.

In the meantime, we believe the underlying trend of inflation is lower, excluding potential one-off effects from tariffs. While upside surprises for core PCE in September and October show the path towards 2% will remain bumpy, the November print annualized under 2% and, in particular, added to evidence that shelter prices are on a decelerating path. The three-month moving average of core PCE stands at 2.5%, hardly booming, and ongoing cooling in shelter and wages suggest further progress towards the 2% target this year.

Grafico 2: i rendimenti hanno continuato a crescere nonostante i dati economici deludenti degli ultimi tempi

Treasury USA 10 anni vs. Citigroup US Economic Surprise Index

Il grafico a linee mostra il benchmark a 10 anni dei Treasury statunitensi mappato rispetto all'indice Citi Surprise da settembre a fine dicembre 2024.
Fonte: UBS Asset Management, Macrobond. Dati aggiornati a dicembre 2024.

Il grafico a linee mostra il Treasury USA a 10 anni rispetto all’indice Citi Surprise da settembre a fine dicembre 2024. Dopo un allineamento a settembre, ottobre e novembre, la relazione positiva si interrompe e diventa correlazione negativa.

Fed, dazi e immigrazione

Queste prospettive più bilanciate per la crescita e l’inflazione giungono in un momento in cui il mercato dei tassi è diventato più aggressivo. I rendimenti decennali statunitensi sono cresciuti di 100 punti base da quando la Fed ha avviato il suo ciclo di allentamento, con un taglio di 50 punti base a settembre. Subito dopo quella riunione, si prevedevano ulteriori 10 tagli (da 25 pb) fino al 2025. Due sono stati effettuati rispettivamente a novembre e dicembre, ma il mercato ora se ne aspetta solo altri 1-2 nel 2025 prima di una lunga pausa.

Per dirla tutta, anche la Fed ha preso una direzione aggressiva, passando, nel documento Sintesi delle proiezioni economiche del Federal Open Market Committee (FOMC) di dicembre, da quattro a due tagli nel 2025 e allineandosi sostanzialmente al mercato per quest’anno. Tuttavia, la Fed prevede ancora di effettuare due ulteriori tagli nel 2026 e il presidente Powell ha sottolineato di considerare la politica ancora “significativamente restrittiva”.

È importante rilevare che la Fed ha rivisto al rialzo le previsioni sul PCE core, portandole dal 2,2% al 2,5% quest’anno. Questo cambio di aspettative è imputabile in parte all’aumento dell’inflazione registrato a settembre e ottobre, ma alcuni membri hanno iniziato a considerare nel loro quadro e nelle loro proiezioni anche gli effetti delle politiche della nuova amministrazione.

Escludendo i dazi, una previsione del PCE core del 2,5% sarebbe conservativa alla luce delle pressioni disinflazionistiche richiamate sopra. E sebbene le politiche commerciali del neo-eletto presidente Trump siano accompagnate da grande incertezza quest’anno, non siamo convinti che a un aumento significativo dei dazi seguirebbe una virata molto aggressiva della Fed, per tre motivi.

In primo luogo, se da un lato i dazi aumentano l’inflazione, dall’altro dovrebbero essere considerati più come un balzo una tantum dei livelli di prezzo rispetto a una forza inflazionistica persistente. Fino a che l’inflazione attesa rimarrà contenuta, come ci aspettiamo che sarà, la Fed dovrebbe passare oltre lo shock dell’offerta, a parità di condizioni. In secondo luogo, i dazi non alzano solo i prezzi, ma indeboliscono la crescita. Avendo la Fed un duplice mandato, dovrebbe essere sensibile ai potenziali impatti sull’occupazione. Infine, e in relazione ai due punti precedenti, i dazi del 2018 avevano provocato un forte calo degli asset rischiosi e un inasprimento delle condizioni finanziarie, portando in ultima istanza la Fed ad adottare una posizione accomodante, e non aggressiva.

Un altro potenziale shock dell’offerta negativo potrebbe arrivare dalla volontà della nuova amministrazione di ridurre l’immigrazione, solitamente citata come potenziale fonte di inflazione. In realtà, i flussi immigratori netti stanno già diminuendo rapidamente e l’incertezza riguarda piuttosto le dimensioni delle espulsioni sotto la presidenza Trump, compresa la logistica alla loro base.

Espulsioni di massa potrebbero contrarre il mercato del lavoro, rallentando la crescita della manodopera, e portare a un aumento dei salari. Tuttavia, il rallentamento della crescita demografica determinerebbe a sua volta un calo della domanda. Siccome negli ultimi anni l’aumento dell’immigrazione aveva dato impulso alla crescita, è ragionevole supporre che un’inversione di tendenza sarebbe negativa. Con ogni probabilità, la Fed analizzerà con pazienza i dati del mercato del lavoro prima di saltare a conclusioni. Per ora, tuttavia, non riteniamo che un inasprimento di politica migratoria porterà a un inasprimento di politica monetaria.

Attualmente il mercato sconta un tasso terminale del 3,9% (tasso OIS (overnight index swap) a due anni) a fronte di un “dot plot” di lungo periodo della Fed rivisto al rialzo (nella Sintesi delle proiezioni economiche della Fed) pari al 3%. Benché sia possibile un ulteriore rialzo della stima del tasso “neutrale” della Fed, riteniamo che i rischi per il tasso terminale prossimo al 4% previsto dal mercato siano orientati verso il basso.

Grafico 3: il mercato stima il tasso terminale della Fed ben al di sopra delle proiezioni della Fed stessa

Previsione del mercato vs. tendenza centrale del dot plot di lungo periodo

Il grafico mostra tre brevi periodi di allineamento degli attuali prezzi di mercato e del FOMC Long Run Dot Plot – gennaio 2023, aprile 2023 e ottobre 2024.
Fonte: UBS Asset Management, Bloomberg. Dati aggiornati a dicembre 2024.

The line chart plots two variables – the FOMC long Run Dot Plot and market pricing of the 2-year Forward policy Expectations as measured by 2-year one-month OIS. It runs from January 2023 to December 2024 and shows three brief periods of alignment – January 2023, April 2023 and October 2024. An approximate 1% difference has opened up, with current pricing being higher (as with all other periods of discrepancy).

I rischi fiscali sono meno netti

Oltre ai rischi legati ai dazi e all’immigrazione, l’agenda fiscale di Trump ha sollevato anche timori sull’inflazione e sul conseguente aumento dei premi di rischio sulle obbligazioni. Questo aspetto ci preoccupa meno.

In primo luogo, pensiamo che la squadra di Trump opererà con una certa sensibilità rispetto all’inflazione e all’impatto delle sue politiche sui tassi dei finanziamenti e dei mutui. Nei sondaggi l’inflazione e l’elevato costo della vita sono infatti emersi costantemente come una delle maggiori preoccupazioni delle famiglie statunitensi, elemento che probabilmente è stato determinante per la vittoria elettorale di Trump. In concreto, l’attuale “mandato” di Trump è finalizzato ad avere meno inflazione, non di più, a differenza del 2016 quando si trattava di “crescere ad ogni costo”. Il nuovo Segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha commentato questi fattori sostenendo che la sua attenzione alla riforma fiscale, alla deregolamentazione e all’aumento di produzione di energia potrebbero generare una crescita non inflazionistica.

In secondo luogo, rispetto al rischio che l’espansione fiscale determini inflazione, riteniamo che un eventuale aumento del deficit fiscale incontrerà maggiore resistenza. Bessent ha già delineato un piano per ridurre il deficit di bilancio al 3% del PIL entro il 2028, concentrandosi su tagli alla spesa discrezionale. La creazione del Dipartimento per l’efficienza di governo (DOGE) punta a ridurre le dimensioni dell’apparato governativo federale attraverso il ridimensionamento del personale, la riduzione delle frodi e degli sprechi e il taglio di programmi non necessari.

La volontà e la capacità di attuare tagli significativi alla spesa discrezionale non legata alla difesa sono tutte da dimostrare, ma l’attenzione posta alla questione è comunque un buon inizio. E se tutto questo non bastasse, un “red sweep” non darà comunque carta bianca all’amministrazione Trump in ambito fiscale, come dimostra il fatto che di recente i Repubblicani della Camera che hanno respinto la richiesta di Trump di aumentare il tetto del debito prima del suo insediamento.

Nel frattempo, i rendimenti dei Treasury a più lunga scadenza sono arrivati a un livello che, a nostro avviso, compensa in parte questi rischi fiscali e di inflazione. La curva dei rendimenti si è irripidita anche grazie all’aumento dei premi per scadenza, ossia la remunerazione aggiuntiva che gli investitori richiedono per sostenere, tra gli altri, i rischi di inflazione e fiscali derivanti dalla duration. Di recente questi dati sono aumentati arrivando a livelli che non si vedevano dal 2011 nel punto a 10 anni della curva.

L’ultima volta che si sono attestati su questi livelli è stato ad ottobre del 2023, dopo che ad agosto il Tesoro aveva annunciato un aumento di 770 miliardi di dollari statunitensi (~2,5% del PIL) nell’emissione di Treasury per il 2024, catalizzando una rapida svendita dei titoli. Di contro, l’emissione aggiuntiva che deriverebbe dagli sgravi fiscali sarebbe nulla in confronto, soprattutto se gli sgravi fossero almeno in parte finanziati. Inoltre, nell’ottobre del 2023 l’inflazione era significativamente più elevata e il tasso di disoccupazione ancora ben inferiore al 4%: in quel momento aveva più senso che i premi per scadenza fossero più alti.

Grafico 4: i premi a scadenza sono saliti arrivando ai massimi di ottobre 2023

Premi a scadenza dei Treasury a 10 anni

Il grafico a linee mostra due variabili – il Kim Wright 10-year Treasury Term Premium e il Adrian Crump & Moerich 10-year Treasury Term Premium – tracciate insieme da gennaio 2023 a dicembre 2024. Si seguono da vicino l'un l'altro.
Fonte: UBS Asset Management, Bloomberg. Dati aggiornati a dicembre 2024.

The line chart shows two variables – the Kim Wright 10-year Treasury Term Premium and the Adrian Crump & Moerich 10-year Treasury Term Premium – plotted together from January 2023 to December 2024. They closely track each other.

Asset allocation

In questo 2025 appena iniziato, prediligiamo azioni e obbligazioni. Sebbene le azioni non siano convenienti, siamo ancora del parere che la buona crescita, gli utili sani, la disinflazione e l’allentamento monetario in corso a livello globale possano trainare in modo significativo la performance degli asset rischiosi. I Treasury statunitensi rimangono la nostra principale copertura per gli asset rischiosi contro le sorprese al ribasso della crescita e, con i rendimenti attuali, al momento sono interessanti anche di per sé. Con gli spread delle obbligazioni societarie statunitensi storicamente contratti, il credito è più orientato al carry che all’aumento dei prezzi; i rendimenti all-in restano interessanti.

Il rischio principale per la nostra asset allocation è un potenziale aumento della correlazione tra azioni e obbligazioni, determinato dai timori di accelerazione dell’inflazione e/o maggiore aggressività della Fed. Stiamo gestendo con attenzione questi rischi nella costruzione del nostro portafoglio, anche attraverso i cambi: le posizioni selettive lunghe in USD rispetto a EUR e CNH dovrebbero infatti ottenere risultati nel caso di una rivalutazione aggressiva della Fed (nonché in caso di escalation dei dazi). L’aumento di timori per il deficit degli Stati Uniti potrebbe portare a un indebolimento del dollaro, ma non abbiamo ancora osservato elementi a conferma di una rottura della correlazione tra i differenziali di rendimento degli Stati Uniti con altri Paesi omologhi e il biglietto verde. Stiamo monitorando attentamente questo rischio e abbiamo i mezzi per reagire in modo flessibile qualora intervenissero variazioni in queste dinamiche.

View sulle asset class

Il grafico seguente mostra la view del nostro team di Asset Allocation sull’attrattiva complessiva delle asset class al 3 gennaio 2025. Le sezioni in grassetto illustrano le nostre indicazioni complessive su azioni, tassi e credito a livello globale. Le altre sezioni, invece, chiariscono le nostre opinioni su alcune regioni all'interno delle varie asset class: azioni, obbligazioni, credito e valute. Poiché la tabella non include tutte le asset class, l’indicazione complessiva netta potrebbe essere leggermente negativa o positiva.

Asset class

Asset class

Indicazione complessiva/relativa

Indicazione complessiva/relativa

View di UBS Asset Management

View di UBS Asset Management

Asset class

Azioni globali

Indicazione complessiva/relativa

Sovrappeso

View di UBS Asset Management

Un contesto macroeconomico e degli utili costruttivo comporta un maggiore rialzo nonostante le valutazioni elevate. Anche le condizioni finanziarie rimangono favorevoli, visto l’allentamento degli standard di finanziamento.

Asset class

USA

Indicazione complessiva/relativa

Sovrappeso

View di UBS Asset Management

Profilo di utili relativamente solido e minore sensibilità del settore manifatturiero rispetto alle azioni globali. Il potenziale di deregolamentazione e dazi rafforza l’eccezionalismo americano, benché la forza del dollaro possa diventare più problematica.

Asset class

Europa

Indicazione complessiva/relativa

Sottopeso

View di UBS Asset Management

Economia e utili ancora in difficoltà. Ritardo nel settore manifatturiero globale, malgrado le valutazioni convenienti.

Asset class

Giappone

Indicazione complessiva/relativa

Neutrale

View di UBS Asset Management

La riforma delle imprese in essere, i solidi utili e l’aumento della crescita nominale si contrappongono alla stretta della Bank of Japan.

Asset class

Mercati emergenti

Indicazione complessiva/relativa

Neutrale

View di UBS Asset Management

Gli utili positivi e il cambio di politica da parte della Cina offriranno sostegno, ma i rischi legati ai dazi e la forza dell’USD minano l’interesse per i mercati emergenti.

Asset class

Titoli di Stato globali

Indicazione complessiva/relativa

Sovrappeso

View di UBS Asset Management

Le valutazioni sono migliorate, aumentando l’attrattività della duration. Continuiamo a pensare che la crescita e l’inflazione rallenteranno quest’anno, sostenendo un ciclo di allentamento globale (ad eccezione del  Giappone).

Asset class

Titoli di Stato USA

Indicazione complessiva/relativa

Sovrappeso

View di UBS Asset Management

Le valutazioni appaiono interessanti poiché prevediamo un calo dell’inflazione e della crescita.

Asset class

Bund

Indicazione complessiva/relativa

Sovrappeso

View di UBS Asset Management

La persistente debolezza della crescita, il rallentamento dell’inflazione e il rischio di dazi sostengono l’opinione positiva sui Bund.

Asset class

Gilt

Indicazione complessiva/relativa

Neutrale

View di UBS Asset Management

L’ampio deficit di bilancio con maggiori spese fiscali a breve termine compensa le valutazioni a buon mercato.

Asset class

Japanese Government Bond

Indicazione complessiva/relativa

Sottopeso

View di UBS Asset Management

I salari e l’inflazione sottostante stanno accelerando mentre il mercato sta anticipando una politica troppo accomodante.

Asset class

Svizzera

Indicazione complessiva/relativa

Sottopeso

View di UBS Asset Management

Le valutazioni sono storicamente elevate; un notevole ulteriore allentamento è già incluso nella politica della BNS.

Asset class

Credito globale

Indicazione complessiva/relativa

Neutrale

View di UBS Asset Management

Le prospettive di rischio/rendimento per il credito non sono particolarmente interessanti, soprattutto negli Stati Uniti, dove gli spread sono ai livelli più bassi da prima della grande crisi finanziaria. EUR e Asia HY offrono ancora le migliori opportunità di carry.

Asset class

Credito investment grade

Indicazione complessiva/relativa

Neutrale

View di UBS Asset Management

Gli investitori continuano a cercare opportunità di reddito nel credito, soprattutto perché la liquidità diventa gradualmente meno interessante. Prevediamo che i rendimenti saranno trainati dal carry e dalla duration quest’anno.

Asset class

Credito high yield

Indicazione complessiva/relativa

Neutrale

View di UBS Asset Management

La buona qualità del credito e il contesto macroeconomico favorevole giustificano spread contratti, ma la compensazione dei rischi di ribasso è modesta. Le obbligazioni HY in Europa e Asia offrono valutazioni più interessanti e carry.

Asset class

Debito dei mercati emergenti in valuta forte

Indicazione complessiva/relativa

Neutrale

View di UBS Asset Management

Molti emittenti dei mercati emergenti in difficoltà hanno gestito una ristrutturazione e importanti riforme nel 2024, aprendo la strada a un minore rischio di insolvenza. Gli spread sono meno contratti rispetto a quelli dei mercati sviluppati, ma l’aumento dei rendimenti statunitensi e/o un dollaro forte rappresentano un rischio.

Asset class

Valute

Indicazione complessiva/relativa

NA1

View di UBS Asset Management

NA1

Asset class

USD

Indicazione complessiva/relativa

Sovrappeso

View di UBS Asset Management

L’eccezionalismo americano e i rischi legati ai dazi dovrebbero continuare a sostenere l’USD rispetto ai titoli a basso e alto rendimento, sebbene l’USD si sia rafforzato velocemente nel quarto trimestre con un maggior posizionamento.

Asset class

EUR

Indicazione complessiva/relativa

Sottopeso

View di UBS Asset Management

La crescita relativa, i differenziali di tasso e i rischi legati ai dazi prospettano una persistente debolezza dell’euro.

Asset class

JPY

Indicazione complessiva/relativa

Sovrappeso

View di UBS Asset Management

Apprezziamo le posizioni lunghe in JPY su base relativa rispetto a EUR e CNH,  viste le valutazioni convenienti e la stretta della BoJ.

Asset class

CHF

Indicazione complessiva/relativa

Sottopeso

View di UBS Asset Management

I tagli più aggressivi del previsto della BNS e una valutazione costosa dovrebbero pesare sul CHF. 

Asset class

Valute Mercati emergenti

Indicazione complessiva/relativa

Neutrale

View di UBS Asset Management

Sovrappeso sullo ZAR in ragione del carry e delle riforme interne positive, sottopeso sul CNH per il rischio legato ai dazi.

Asset class

Materie prime

Indicazione complessiva/relativa

Neutrale

View di UBS Asset Management

L’oro rimane un interessante elemento di diversificazione con supporto strutturale. Con il rinvio dell’aumento della produzione da parte dell’OPEC+, il rischio di ribasso a breve termine per il petrolio è venuto meno e il Brent è ora scambiato tra i 70 e gli 80 dollari.

Fonte: team UBS Asset Management Investment Solutions Macro Asset Allocation Strategy, dati aggiornati al 3 gennaio 2025. Le opinioni sono fornite sulla base di un orizzonte d’investimento di 3-12 mesi, non riflettono necessariamente l’effettivo posizionamento del portafoglio e sono soggette a variazioni.

1 NA è stato aggiunto a fini di accessibilità. Per quanto riguarda i cambi, la nostra opinione è illustrata in funzione delle rispettive valute (USD, EUR, JPY, CHF e Valute Mercati emergenti).

C-01/25 NAMT-2029

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