L'accelerazione dei prezzi negli Stati Uniti è arrivata, ma a nostro avviso, vi è un rischio poco probabile che si inneschi una spirale di inflazione sostenuta e in aumento, con un effetto dirompente per le attività rischiose. Detto questo, i dati sull'inflazione USA di Aprile sono un segnale che la crescita e l'inflazione saranno probabilmente più robuste in questo ciclo economico rispetto al periodo post crisi finanziaria. Riteniamo che questa dinamica dovrebbe condurre gli investitori lontano dalle esposizioni lunghe in termini di duration favorendo invece esposizioni più idonee a sovraperformare in un contesto di maggiore rischio di inflazione.

L'inflazione complessiva è aumentata del 4,2% su base annua ad Aprile.

L'inflazione core – indicatore meno volatile dell’andamento dei prezzi – è aumentato a un tasso annuo del 3%, il livello più elevato dal 1996.

L'inflazione procede in maniera più rapida del previsto. Tuttavia questo non è un motivo sufficiente per aspettarsi che il rialzo sia duraturo. Nel 2020, l'indice dell’inflazione core era sceso da febbraio a maggio. Questo effetto base sta generando un forte rialzo delle variazioni annuali osservate. È vero che anche le frequenze più brevi di variazione dell’inflazione core mostrano un'accelerazione sostanziale dei prezzi, ma gran parte di questa pressione a breve termine è legata a settori dell'economia che sono caratterizzati sia da vincoli sul lato dell'offerta che da una elevata domanda – come le auto usate – o a segmenti legati alla riapertura delle economie – come il settore alberghiero, il settore aereo e i biglietti per eventi sportivi.

Le pressioni sul ICP core vanno oltre gli effetti base

Fonte:UBSAssetManagement,Bloomberg.Dati al 30 Aprile 2021.

Ma sono guidate da fattori idiosincratici legati alla carenza di offerta e alle riaperture

Fonte:UBSAssetManagement,Bloomberg.Dati al 30 Aprile 2021.

Un dato mensile né dimostra né smentisce la tesi della FED secondo cui le pressioni inflazionistiche saranno transitorie. In futuro, ci concentreremo sulle componenti del paniere dell’inflazione più cicliche e legate alla ripresa del mercato del lavoro, per valutare quanto sarà duraturo questo livello relativamente elevato di inflazione. Poiché la parte immobiliare ha un grande peso nell’indice, merita un monitoraggio particolarmente attento.

Lo spread tra i Treasury a due anni e quelli a 10 anni è aumentato, il dollaro si è rafforzato e i futures azionari USA sono scesi dopo la pubblicazione di questi dati.

Siamo posizionati comunque per un aumento dell'inflazione. Per la prima volta nell’ultimo decennio, i rischi di pressioni sui prezzi nel medio termine sono più spostati al rialzo che al ribasso. Gli investitori potrebbero dover continuare ad aggiustare il proprio posizionamento per tenere conto di questa percezione mutevole sul rischio di inflazione. Ciò dovrebbe supportare flussi in uscita da attività che beneficiano della disinflazione – azioni growth, obbligazioni sovrane e il dollaro USA – verso attività che beneficiano di una ripresa delle pressioni sui prezzi: titoli ciclici e value e valute dei mercati emergenti.

La FED ha più volte ribadito che l'entità delle pressioni sui prezzi a breve termine è meno importante della loro durata.

In quanto tale, non riteniamo che un fenomeno di inflazione di breve termine possa supportare il dollaro.

Questa dinamica dovrebbe invece continuare a mantenere ben contenuti i rendimenti reali e contribuire alla sua debolezza.

I dati sull'inflazione di Aprile, sulla scia di una crescita dei salari meno forte del previsto, potrebbero sollevare alcune preoccupazioni su un cambiamento sfavorevole nel mix crescita/inflazione negli Stati Uniti.

Continuiamo a credere che i vincoli sull'offerta che spingono l'inflazione al rialzo e frenano in qualche modo l'attività reale si riveleranno transitori, man mano che le vaccinazioni continueranno a consentire una più ampia ripresa negli Stati Uniti e nelle economie avanzate. Questa visione è alla base del nostro posizionamento pro-ciclico: ci aspettiamo che il dollaro si indebolisca, che i titoli più sensibili al ciclo economico (titoli value, Europa e Giappone) sovraperformino e che le curve dei titoli sovrani divengano più ripide, con l'aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine.

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