Macro Monthly
Fine dell’eccezionalismo americano?
View sui fattori macroeconomici e sulle asset class
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Il tema dell’eccezionalismo americano ha cominciato a mostrare qualche segno di cedimento, con l’indice S&P 500 piatto quest’anno rispetto al 6% dell’indice All Country World ex US. Mercati come l’Eurostoxx 50 e l’MSCI China sono cresciuti rispettivamente dell’11% e del 18% in appena due mesi.
Nel nostro Macro Monthly di dicembre avevamo parlato di cosa avrebbe potuto minare il tema dell’eccezionalismo americano che ha affascinato i mercati per quasi 15 anni, tra cui un minor vantaggio di crescita degli Stati Uniti, rischi contrastanti dell’agenda politica di Trump e l’elevata concentrazione settoriale degli Stati Uniti.
Gran parte di questa convergenza di performance si è verificata in un lasso di tempo molto breve. La domanda da porsi è se questa sovraperformance extra-USA sia uno dei tanti movimenti controtendenza avvenuti negli ultimi 15 anni e durati alcuni mesi che, in fin dei conti, gli investitori avrebbero fatto meglio a ignorare, restando fedeli agli Stati Uniti, o se questa convergenza sia destinata a consolidarsi. In questo articolo valutiamo gli elementi a sostegno, o meno, della tesi di un’ulteriore sovraperformance extra-USA nel 2025.
Sebbene non vi siano, a nostro avviso, elementi sufficienti per sottopesare nettamente gli Stati Uniti rispetto ai mercati extra-USA, sosteniamo un’allocazione azionaria globalmente equilibrata. Più in generale, ribadiamo la nostra preferenza per la duration, come dicevamo a gennaio nel nostro Macro Monthly, Obbligazioni in focus. Manteniamo le coperture del portafoglio in oro e in JPY.
Gli argomenti a sostegno di una perdurante sovraperformance extra-USA
Perché la convergenza dei mercati azionari globali dovrebbe continuare?
In primo luogo, ovviamente, gli Stati Uniti continuano ad avere un’asticella elevata rispetto al resto del mondo. Nonostante i movimenti da inizio anno, gli Stati Uniti sono ancora decisamente costosi e su quasi tutti i parametri di valutazione, rispetto al resto del mondo, compresi quelli corretti per settore.
In secondo luogo, la crescita economica statunitense è ancora buona, ma “meno eccezionale”. Stiamo passando da un’economia con una crescita del PIL reale prossima al 3% negli ultimi anni a una prossima al 2%. È una conseguenza della moderazione dei redditi reali, del rallentamento dell’immigrazione iniziato prima di Trump, dell’impulso fiscale in esaurimento e dei tassi di interesse ancora troppo alti per il mercato immobiliare.
In terzo luogo, dai sondaggi tra consumatori e imprese emerge che i rischi per la crescita derivanti dall’amministrazione Trump sono più equilibrati rispetto a quanto lasciasse pensare la narrativa iniziale. Subito dopo le elezioni, il mercato si è concentrato sulle modalità con le quali un’amministrazione favorevole alle imprese avrebbe avviato tagli fiscali, deregolamentazione e stimolato l’imprenditorialità, portando a un maggiore ottimismo e investimenti.
Tuttavia, nelle prime settimane dell’amministrazione Trump sono emersi alcuni rischi reali per la crescita. La maggiore incertezza sulla politica dei dazi, il taglio dei costi brusco e destrutturato da parte del Dipartimento per l’efficienza del governo e la potenziale portata delle espulsioni hanno pesato sulla fiducia. Quest’anno la distribuzione dei rischi per i titoli azionari statunitensi è passata da un’impennata di rendimento trainata da fattori fiscali a un rallentamento più importante della crescita provocato dall’incertezza politica.
Infine, non si può parlare dei mercati statunitensi senza considerare i Magnifici 7, che da soli hanno rappresentato metà della sovraperformance degli Stati Uniti rispetto alle azioni internazionali negli ultimi 10 anni. Se da un lato i colossi tecnologici continuano a macinare ottimi utili, dall’altro la crescita sembra destinata a ridimensionarsi per altre società. Questi elementi, insieme agli interrogativi circa il ritorno sull’investimento della spesa in conto capitale per l’IA, in particolare nel contesto di Deepseek (discusso di seguito), sollevano rischi per il mercato concentrato degli Stati Uniti.
Abbiamo visto i potenziali risvolti negativi per i mercati statunitensi, ma che dire del potenziale di rialzo in Europa?
In primo luogo, i fondamentali societari sono effettivamente migliorati. La stagione degli utili è risultata solida in Europa in diversi settori, con beni di lusso, banche e industria oltre le aspettative. Nel complesso, le previsioni sugli utili sembrano aver chiaramente superato il punto più basso e le revisioni sono migliorate rispetto ad altre regioni.
Abbiamo registrato diversi mesi di sorprese economiche positive in termini aggregati e la domanda di credito è aumentata, grazie anche al ciclo di tagli dei tassi della BCE. I redditi reali, poi, rimangono positivi e i consumatori europei hanno ingenti risparmi da mettere a frutto.
Inoltre, da quando gli Stati Uniti hanno avviato i colloqui con la Russia, sono aumentate le probabilità di un cessate il fuoco nel conflitto tra Russia e Ucraina, che si è tradotto in un calo dei prezzi del gas naturale. Costi energetici più bassi possono dare impulso alle imprese e al sentiment dei consumatori, e aiutare in modo sproporzionato i grandi importatori di energia in Europa.
In Germania, la nuova coalizione di centro dovrebbe essere più favorevole alle imprese e stabile. Il futuro cancelliere Merz ha confermato i colloqui in corso finalizzati ad aumentare la spesa per la difesa finanziata con debito, aggirando la necessità di una modifica costituzionale.
Sebbene non si sia ancora concretizzato alcun cambiamento di politica, l’urgenza e la volontà da parte della Germania di sfruttare i propri margini di manovra fiscali sono un segnale incoraggiante. L’approccio più conflittuale dell’amministrazione Trump nei confronti dell’Europa ha i suoi vantaggi, nel senso che potrebbe spronare i leader europei ad agire.
Vi è ormai un consenso diffuso sul fatto che l’Europa debba crescere per continuare a essere un attore di rilievo in un mondo sempre più multipolare. La Francia ha annunciato investimenti significativi nell’intelligenza artificiale, mentre la Commissione europea si sta concentrando su produttività, competitività e deregolamentazione.
Spesso serve una crisi per far muovere in modo coeso la politica europea in una direzione che rafforzi il blocco in termini economici e politici e, visti gli sviluppi geopolitici delle ultime settimane, si può certamente sostenere che l’Europa si trovi in una situazione di crisi. Ironia della sorte, la sfida di Trump all’Europa potrebbe alla fine rafforzare l’economia e la politica della regione.
In Oriente, i progressi della Cina nell’intelligenza artificiale sono impressionanti. DeepSeek ha sbaragliato le carte in tavola nell’intelligenza artificiale a costi contenuti, e sono state le sanzioni statunitensi a costringere la Cina a innovare nell’uso di chip meno potenti. Gli utili hanno cominciato a rafforzarsi: le grandi società tecnologiche hanno infatti registrato ottimi risultati e presentato guidance incoraggianti. Il presidente Xi sembra aver cambiato posizione sulla tecnologia: ha infatti tenuto incontri di alto profilo con i fondatori e gli amministratori delegati delle principali società tecnologiche cinesi, il che rappresenta un segnale importante.
Trump ha imposto dazi del 10% sulla Cina in relazione al fentanil e prevede di aumentarli di un ulteriore 10%. Ciò nonostante, sembrerebbe che il vero obiettivo di Trump sia concludere un importante accordo con la Cina, offrendo una riduzione dei dazi/controlli alle esportazione in cambio di una serie di concessioni economiche e geopolitiche. Qualsiasi accordo che si avvicini a questo scenario sarebbe un significativo passo avanti e potrebbe far riversare ingenti capitali globali in asset cinesi che molti in precedenza avevano etichettato come non investibili.
Gli argomenti a sostegno di un perdurante eccezionalismo americano
È certamente possibile sostenere una perdurante sovraperformance extra-USA, ma quali sarebbero invece i motivi per mitigare il recente entusiasmo per l’universo extra-USA e rimanere fedeli a ciò che ha funzionato per oltre un decennio?
In primo luogo, molto semplicemente le società statunitensi hanno dimostrato, anno dopo anno, di essere in grado di generare utili rispetto al resto del mondo. E anche se la crescita economica degli Stati Uniti si è leggermente indebolita rispetto agli ultimi anni, a nostro avviso rimarrà comunque piuttosto solida.
Benché le valutazioni possano zavorrare il potenziale di rialzo per un re-rating, è probabile che le società statunitensi offrano una sovraperformance degli utili.
In secondo luogo, altri dazi potrebbero essere in arrivo. Oltre ai già citati piani di aumento dei dazi sulla Cina, Trump ha detto chiaramente che il prossimo bersaglio nel mirino sarà l’Europa e ha annunciato dazi del 25% su auto e altri prodotti per l’inizio di aprile. A differenza delle minacce di dazi su Canada e Messico, utilizzate come strumento di negoziazione per ottenere concessioni frontaliere, Trump ha parlato ripetutamente di iniquità strutturali nei rapporti commerciali con l’Europa. I leader europei potrebbero avere maggiori difficoltà nel coordinarsi e trovare soluzioni per evitare un incremento significativo dei dazi, aumentando così i rischi di rallentamento della crescita.
In terzo luogo, il recente entusiasmo mostrato dal mercato per un cessate il fuoco imminente nella guerra tra Russia e Ucraina potrebbe rivelarsi ingiustificato. Non è ancora chiaro se l’Ucraina otterrà le garanzie di sicurezza di cui ha bisogno per un accordo di pace duraturo e al contempo accettabile anche per la Russia. Anche se si arrivasse a un accordo di pace, UBS Investment Bank stima che il PIL dell’eurozona aumenterebbe dallo 0,5 all’1% in tre anni: sarebbe qualcosa, ma niente di eccezionale.
Infine, le già citate speranze di cambiamenti nella politica europea e cinese tali da generare risultati di crescita sostanzialmente migliori sono solo questo: speranze. In Germania, i partiti di centro non hanno raggiunto la maggioranza di due terzi necessaria per riformare il freno all’indebitamento. Di conseguenza, anche se si sta discutendo di un aumento della spesa per la difesa finanziata con debito, le prospettive di un’importante e persistente espansione fiscale (pluriennale) sono ancora limitate.
A livello più strutturale, in Europa una cosa è parlare di competitività, un’altra è mettere d’accordo 27 Paesi sul percorso da seguire, considerando i vincoli politici interni.
In Cina, nonostante vi sia certamente una storia tecnologica positiva, l’economia in generale continua ad affrontare grandi sfide e la crescita deve ancora essere ribilanciata verso un modello basato sui consumi. La giapponesizzazione della Cina è in corso ma non è ancora chiaro se i responsabili politici siano disposti a fare quanto necessario per stabilizzare il sentiment dei consumatori.
La performance di mercato complessiva da inizio anno è un campanello d’allarme per gli investitori che si sono concentrati eccessivamente sugli Stati Uniti. Attualmente gli Stati Uniti rappresentano quasi due terzi dell’indice MSCI All Country World, con una forte concentrazione sui Magnifici 7 che dovranno dimostrare sempre più il ritorno sugli investimenti derivanti da una spesa in conto capitale espansiva.
La diversificazione geografica è importante. Il fatto è che il resto del mondo, rispetto agli Stati Uniti, ha semplicemente un’asticella più bassa. Gli Stati Uniti hanno ripetutamente dimostrato di essere in grado di soddisfare aspettative elevate e che le loro valutazioni costose erano giustificate. Tuttavia, alcuni catalizzatori potrebbero concretizzarsi al di fuori degli Stati Uniti e portare a prestazioni straordinarie.
Tenendo conto di tutti questi aspetti, prediligiamo una asset allocation equilibrata tra le regioni. Non siamo pronti a sottopesare gli Stati Uniti, poiché siamo ancora convinti che la crescita degli utili statunitense possa sovraperformare quella di Paesi con maggiori difficoltà di crescita. In definitiva, possedere un sano mix di mercati sopravvalutati, ma storicamente affidabili, e asset sottovalutati, che sollevano più interrogativi, ci sembra un approccio sensato. A livello globale, ci piace combinare esposizioni a banche europee e titoli tecnologici cinesi, che riteniamo abbiano un potenziale di ulteriore rivalutazione, con un sovrappeso del fattore di qualità globale, orientato verso le società statunitensi ad utili elevati.
Più in generale, continuiamo a privilegiare la duration poiché riteniamo che la disinflazione persisterà e la crescita statunitense rallenterà ulteriormente. Poiché il panorama dei rischi è cambiato passando dall’aumento dell’inflazione al rallentamento della crescita, riteniamo che le obbligazioni si riaffermeranno come strumenti di diversificazione.
Continuiamo a considerare l’oro una buona copertura contro l’incertezza politica più ampia, essendo inoltre sostenuto strutturalmente dagli acquisti delle banche centrali dei mercati emergenti. Sulle valute siamo long sull’USD contro l’EUR e il CNH per coprire i rischi di dazi, ma pensiamo che l’andamento del JPY abbia un futuro visto il persistente inasprimento di politica monetaria attuato dalla Bank of Japan.
View sulle asset class
Asset class | Asset class | Indicazione complessiva/relativa | Indicazione complessiva/relativa | View di UBS Asset Management | View di UBS Asset Management |
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Asset class | Azioni globali | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Le azioni globali sono sostenute da una combinazione di allentamento delle condizioni monetarie globali e crescita resiliente. La crescita degli utili rimane sostenuta negli Stati Uniti ed è migliorata in altre regioni. |
Asset class | USA | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Le azioni statunitensi mantengono un potenziale di rialzo grazie alla buona crescita degli utili. Tuttavia, l’elevata concentrazione e la maggiore incertezza politica costituiscono rischi al ribasso. |
Asset class | Europa | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | La crescita europea ha mostrato segnali di stabilizzazione, mentre gli utili sono stati rivisti al rialzo rispetto a livelli bassi. A favorire la regione sono stati anche la debolezza dell’euro, i tagli dei tassi della BCE e la speranza di un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina. |
Asset class | Giappone | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Gli utili solidi e la crescita nominale più alta potrebbero continuare a essere compensati dalla stretta della Bank of Japan e dalla forza dello JPY. |
Asset class | Mercati emergenti | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Le società tecnologiche cinesi hanno registrato una forte ripresa, sostenute dai progressi dell’IA e da segnali di maggiore sostegno politico al settore. Tuttavia, i mercati cinesi più ampi avranno delle sfide da affrontare, vista la debolezza della crescita. |
Asset class | Titoli di Stato globali | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Continuiamo a pensare che l’inflazione rallenterà quest’anno, sostenendo il ciclo di allentamento globale (ad eccezione del Giappone). Le valutazioni sulla maggior parte dei mercati dei tassi dei Paesi sviluppati sono interessanti, con tassi ancora ampiamente restrittivi. |
Asset class | Titoli di Stato USA | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | La duration statunitense è stata sostenuta da un potenziale rallentamento della crescita degli Stati Uniti rispetto ai livelli elevati in cui si trovava, dal piano del Segretario al Tesoro Bessent per ridurre il deficit fiscale e dal calo dei prezzi del petrolio. Riteniamo che i dazi rappresentino un rischio di breve durata per i titoli di Stato USA. |
Asset class | Bund | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Valutazioni migliori, crescita debole, inflazione in rallentamento e tagli della BCE sono tutti fattori che sostengono i Bund. Riteniamo che la Germania abbia sufficiente margine di manovra fiscale per aumentare la spesa, senza che questo incida significativamente sulla curva. |
Asset class | Gilt | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Le valutazioni sono migliorate e pensiamo che il governo eviterà un incremento disordinato del deficit. |
Asset class | Japanese Government Bond | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | I salari e l’inflazione sottostante stanno accelerando, ma ci aspettiamo che la Bank of Japan prosegua la stretta monetaria. |
Asset class | Svizzera | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | Le valutazioni sono storicamente elevate e il mercato sconta già che la BNS taglierà i tassi portandoli verso lo zero quest’anno. |
Asset class | Credito globale | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Gli spread del credito rimangono contratti, ma continuiamo a cercare rendimenti totali positivi nel segmento high yield globale in un contesto di crescita resiliente. Riteniamo che EUR e Asia HY offrano le migliori opportunità di carry. |
Asset class | Credito investment grade | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | La domanda di credito rimane sostenuta perché la liquidità diventa meno interessante. Le valutazioni sono ancora elevate e ci aspettiamo che i rendimenti vengano trainati principalmente dal carry e dalla duration. |
Asset class | Credito high yield | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | La discreta qualità del credito e il contesto macroeconomico favorevole giustificano spread contratti, ma la compensazione dei rischi di ribasso è modesta. Le obbligazioni HY in Europa e Asia offrono valutazioni più interessanti e carry. |
Asset class | Debito dei mercati emergenti in valuta forte | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Molti emittenti dei mercati emergenti in difficoltà hanno gestito una ristrutturazione e importanti riforme nel 2024, aprendo la strada a un minore rischio di insolvenza. Le valutazioni sono relativamente più interessanti di quelle dei mercati sviluppati, ma la forza del dollaro costituisce un rischio. |
Asset class | Valute | Indicazione complessiva/relativa | N/A1 | View di UBS Asset Management | N/A1 |
Asset class | USD | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | Abbiamo un lieve orientamento rialzista sull’USD, dettato dai differenziali di rendimento positivi e dalla volontà di ottenere protezione contro il rischio dazi. Riteniamo tuttavia che i rischi siano bivalenti, poiché il posizionamento è USD long e i dazi potrebbero non essere così elevati come si teme. |
Asset class | EUR | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | Benché le valutazioni siano più interessanti, siamo leggermente ribassisti sull’EUR, visti i differenziali dei tassi e il rischio di dazi. |
Asset class | JPY | Indicazione complessiva/relativa | Sovrappeso | View di UBS Asset Management | L’aumento dei tassi della Bank of Japan, le valutazioni convenienti e le proprietà protettive ci portano a privilegiare lo JPY rispetto all’EUR e al CNH. |
Asset class | CHF | Indicazione complessiva/relativa | Sottopeso | View di UBS Asset Management | Siamo negativi sul CHF perché riteniamo che la BNS dovrà tagliare ulteriormente i tassi, mentre le valutazioni sono elevate. |
Asset class | Valute Mercati emergenti | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | Sovrappeso sullo ZAR considerato il carry e un quadro politico positivo. Sottopeso sul CNH per il rischio dazi. |
Asset class | Materie prime | Indicazione complessiva/relativa | Neutrale | View di UBS Asset Management | I prezzi del petrolio e del gas sono diminuiti da quando sono aumentate le speranze di un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina. Rimaniamo positivi sull’oro, che beneficia della persistente domanda da parte delle banche centrali e dell’incertezza politica. |
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