La disintermediazione del credito
Risplende il debito privato

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- Disintermediazione del credito: gli ultimi eventi e lo stress del settore bancario hanno accelerato il passaggio del credito dalle banche agli operatori privati. In questo processo, gli investitori istituzionali sono intervenuti per colmare il vuoto.
- Crescita del debito privato: il debito privato è in rapida espansione, specialmente tra le società supportate da private equity, e secondo le previsioni raggiungerà i 2.000 miliardi di dollari entro il 2027, entrando in competizione con i canali di finanziamento tradizionali.
- Implicazioni normative: l'inasprimento della regolamentazione bancaria potrebbe favorire ulteriormente la crescita dei mercati del debito privato, in quanto i regolatori preferiscono gli investitori istituzionali come finanziatori.
- Opportunità nel settore immobiliare commerciale: con la riduzione del credito da parte delle banche regionali, i soggetti che forniscono debito privato hanno l'opportunità di entrare nel settore immobiliare commerciale, pur dovendo affrontare sfide come la copertura dei costi finanziari.
- Sfide e cautela: la rapida crescita del mercato del debito privato comporta una serie di problematiche quali tecniche di sottoscrizione non ortodosse e aumento della leva finanziaria, sottolineando l'importanza di procedure di sottoscrizione disciplinate e della seniority nella struttura del capitale.
- Nuance regionali: gli Stati Uniti guidano il mercato del debito privato, ma anche l'Europa e l'Asia appaiono promettenti, sebbene con differenze regionali nell'orientamento bancario e negli impianti normativi.
Nel panorama degli asset alternativi risplende la stella luminosa del debito privato, che dopo una rapida evoluzione sta ora vivendo quello che molti definiscono un momento d'oro. In un contesto di rialzo dei tassi d'interesse, il debito privato ha mantenuto una notevole resilienza, offrendo rendimenti solidi e suscitando grande interesse negli investitori. Emergono tuttavia alcuni interrogativi sulla tenuta del debito privato in futuro e su dove si trovino attualmente le migliori opportunità, specialmente a fronte del rally dei mercati dei prestiti sindacati e delle obbligazioni ad alto rendimento.
Per separare i fatti dalla finzione, abbiamo chiesto il parere di John Popp, Global Head e CIO del Credit Investments Group di Credit Suisse Asset Management, Andrew Strommen, Senior Investment Analyst di Active Equities, Tiffany Gherlone, Head of Real Estate Research, US, Baxter Wasson, Co-Head di O'Connor Capital Solutions e Viktor Kozel, Head of Infrastructure Debt, Real Estate & Private Markets di UBS Asset Management.
Ciò che sembra una perdita può talvolta rivelarsi un guadagno sotto mentite spoglie. Così è stato nei giorni bui della crisi finanziaria, quando molti dei più potenti istituti di credito a livello mondiale furono costretti ai margini dei mercati del credito per curare le crescenti perdite su crediti e riparare i loro bilanci malconci. Si diffuse così il legittimo timore che le linee di finanziamento concesse alle società con difficoltà di cassa potessero esaurirsi, aggravando lo stato di turbolenza dell’economia.
Invece, il vuoto lasciato dalle banche è stato gradualmente colmato dagli investitori istituzionali, che hanno iniziato a fornire capitali direttamente alle piccole e medie imprese che ne avevano bisogno, spesso a condizioni considerate favorevoli da entrambe le parti. Le ruote del commercio hanno così continuato a girare.
Secondo Andy Strommen, norme più severe sulla liquidità degli asset e sui coefficienti patrimoniali potrebbero deprimere la redditività del capitale proprio (ROE) delle banche, del 2-3% nel caso degli istituti di credito a media capitalizzazione o del 4-5% in caso di recessione. Costringere le banche a detenere attività più liquide, ma con rendimenti più bassi, significherebbe anche incoraggiarle a perseguire fonti di reddito fee-based in settori come il wealth management e l'investment banking, anziché mettere a bilancio nuovi prestiti.
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